A questa conclusione segno di grande civiltà è giunta la Corte di cassazione che, con una sentenza 45309/23 della terza sezione penale della Corte di Cassazione, pubblicata il 10 novembre 2023, ha confermato quasi cinque anni di reclusione, inflitti dalla Corte d’Appello di Campobasso con sentenza del 19/01/2023 a carico di un uomo che aveva preteso rapporti sessuali ai quali la moglie non si era rifiutata con forza per non turbare le figlie.
Ad avviso dei Supremi giudici, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Le pretese sessuali dell’imputato, lungi dall’essere garbate, avuto riguardo alle modalità con cui venivano imposte, al di là delle parole inizialmente proferite, si sono inserite in un contesto di prolungata sopraffazione della persona offesa, estesa anche alla sfera dei rapporti intimi, dovendosi in ogni caso escludere, anche in condizioni normali, l’esistenza di un diritto potestativo del marito al soddisfacimento dei propri istinti sessuali nei confronti della moglie, richiedendo il lecito compimento del rapporto sessuale la presenza del consenso dei protagonisti del rapporto, dovendosi altresì ribadire che il consenso al compimento degli atti sessuali, anche ove inizialmente prestato, deve perdurare nel corso dell’intero rapporto senza soluzione di continuità.
In questo caso, soprattutto in relazione a uno degli episodi di violenza, la donna era semplicemente rimasta passiva, perché non voleva sconvolgere le figlie che erano in casa. L’evento si inseriva, però, in un contesto di sopraffazioni e vessazioni quotidiane”.