In particolare i fattori di maggiore rischio sono rappresentati dalla ipertensione, che riguarda circa il 30% degli uomini, e dal colesterolo alto (24%) che possono essere causa della sindrome metabolica. A determinare l’aumento della ghiandola prostatica sarebbero anche i trigliceridi e la glicemia.
Basta avere dei valori sballati anche per uno solo di questi due parametri per aumentare del 50% il rischio di avere disturbi alla prostata. Una dieta a base di alimenti contenenti antiossidanti e grassi buoni come quelli derivanti dal pesce, associata all’attività fisica, è utile a prevenire l’ingrossamento della prostata riducendo il rischio fino al 40%.
Vincenzo Mirone, direttore del dipartimento di Urologia all’Università Federico II di Napoli, spiega che: “Purtroppo vediamo molti quarantenni con livelli di testosterone bassi per la loro età, colpa dello stress, della cattiva alimentazione e della scarsa attività sessuale”. Ed ancora: “La scarsità di questo ormone è uno dei fattori che contribuiscono allo sviluppo di sindrome metabolica, che sottende a molte patologie urologiche, compreso l’ingrossamento della prostata”.
Ipertrofia prostatica benigna: un disturbo da non sottovalutare
L’iperplasia prostatica benigna consiste nell’aumento delle dimensioni della prostata. Risulta molto comune nell’uomo superati i 50 anni. Tra i sintomi che meglio la definiscono, vi è una difficoltà ad urinare, in quanto l’ingrossamento della ghiandola può comportare la compressione dell’uretra. Pertanto nel caso in cui compaiono disturbi urinari è opportuno rivolgersi al medico che potrà valutare la sintomatologia e nel caso prescrivervi una visita specialistica.
Trascurare l’ipertrofia prostatica benigna può aumentare il rischio di infezioni batteriche a causa di prostatiti, cistiti ed uretriti, ritenzione urinaria acuta o cronica che a loro volta possono essere causa di una compromissione renale, diverticoli e calcoli alla vescica, disturbi alla sfera genitale quali eiaculazione retrograda e disfunzione erettile.