La ricerca dell’Università di Bari mette in guardia i consumatori
Quando acquistiamo la pasta al supermercato, ci troviamo di fronte a un’ampia scelta di prodotti che differiscono non solo per la tipologia (integrale, di semola, ecc.) ma anche per il colore. Questa variazione cromatica, sebbene possa sembrare un semplice dettaglio, è il risultato di differenze nei processi di essiccazione e può indicare la presenza di composti chimici nocivi, come la furosina.
La furosina è una molecola tossica che si forma durante la prima fase della reazione di Maillard, un processo chimico che avviene quando carboidrati e proteine vengono esposti ad alte temperature. Questa reazione è comune durante la produzione di alimenti come la pasta, soprattutto quando il processo di essiccazione è rapido e avviene a temperature superiori a 75°C. In questi casi, la pasta assume un colore più giallo ma perde sostanze nutritive, presenta un sapore meno intenso e risulta meno in grado di trattenere i sapori dei condimenti.
Uno studio condotto dalla professoressa Marilia Tantillo dell’Università di Bari ha evidenziato come, negli ultimi vent’anni, le industrie della pasta abbiano progressivamente accorciato i tempi di essiccazione a meno di due ore, aumentando al contempo le temperature a oltre 90°C. Questo metodo (High Temperature/Short Time) permette di abbattere i costi di produzione, ma comporta un rischio per la salute dei consumatori a causa dell’aumento della furosina.
La furosina, che appartiene alle molecole glicate conosciute come Advanced Glycation End-products (AGEs), è associata a processi infiammatori e patologie dismetaboliche. Se assunta in grandi quantità, tende ad accumularsi nei tessuti e può causare danni all’organismo.
Per riconoscere la pasta a rischio, la professoressa Tantillo suggerisce di prestare attenzione al colore: la pasta che presenta una tonalità tendente al caramello potrebbe essere stata essiccata ad alte temperature e contenere maggiori quantità di furosina. Le etichette possono fornire ulteriori indicazioni, anche se spesso le informazioni relative al processo di essiccazione sono vaghe e possono risultare fuorvianti.
Per proteggere i consumatori, secondo la ricerca, sarebbe necessario stabilire dei limiti legali per la presenza di furosina nella pasta (ad esempio, non oltre 80 mg/100g di proteine). Solo così si potrebbe garantire una maggiore trasparenza e sicurezza alimentare, evitando che i produttori continuino a dichiarare indicazioni poco veritiere sui loro prodotti.
In conclusione, la furosina è un indicatore chiave della qualità del processo produttivo della pasta e dovrebbe essere monitorata con maggiore attenzione sia dai produttori che dalle autorità regolatorie per tutelare la salute dei consumatori.