Secondo gli scienziati, i pitoni si dimostrano particolarmente adatti all’allevamento commerciale: crescono rapidamente, raggiungono la maturità entro pochi anni e sono altamente fertili, producendo un alto numero di uova annualmente. L’allevamento di pitoni è una pratica consolidata in alcune regioni dell’Asia, dove le specie come il pitone reticolato malese e il pitone birmano vengono regolarmente utilizzate per la loro carne.
La ricerca condotta da istituti accademici come la Macquarie University e l’Università di Oxford ha confermato che i pitoni possono essere mantenuti in condizioni simili al loro ambiente naturale, alimentati con roditori selvatici e scarti proteici provenienti dall’agricoltura. Sorprendentemente, i pitoni mostrano una notevole efficienza nella conversione del cibo in carne, superando altri animali da allevamento in questo aspetto. Inoltre, producono meno gas serra rispetto agli allevamenti convenzionali di animali a sangue caldo, come mucche, maiali e polli.
Oltre alla loro efficienza alimentare, i pitoni presentano altri vantaggi: possono sopravvivere a lunghi periodi senza cibo, rendendoli adatti a regioni colpite dall’insicurezza alimentare, e richiedono pochissima acqua per la loro sopravvivenza. Consumando roditori e parassiti dannosi per i raccolti, possono anche offrire un contributo positivo alla protezione delle coltivazioni.
Tuttavia, sebbene i pitoni possano rappresentare una soluzione promettente per alcuni paesi a basso reddito affrontati dall’insicurezza alimentare e dalla carenza proteica, è improbabile che l’allevamento di pitoni si diffonda in Nord America, Europa e Australia. Ciò nonostante, il crescente interesse per pratiche agricole sostenibili potrebbe portare a una maggiore considerazione di quest’alternativa in futuro.