“Per formare la memoria episodica, come quella degli eventi della nostra vita quotidiana, il cervello elabora e immagazzina informazioni che rispondono alle domande dove, cosa, quando e chi, e l’elemento più importante è l’informazione che riguarda se stessi, il proprio stato”, afferma il neuroscienziato Takashi Kitamura. “I ricercatori di solito esaminano il modo in cui il cervello codifica o riconosce gli altri, ma l’aspetto che riguarda il sé non è chiaro”.
I neuroscienziati statunitensi hanno posizionato davanti allo specchio dei topi con la pelliccia nera: quelli a cui era stata segnata la fronte con una goccia di inchiostro bianco, hanno passato più tempo a pulirsi il capo, probabilmente per cercare di rimuovere la macchia.
Questo comportamento (manifestato solo dai topi che avevano una macchia piuttosto evidente, che avevano già avuto a che fare con gli specchi e che dopo lo svezzamento avevano socializzato con topi dalla pelliccia simile alla propria) starebbe a indicare che questi animali potrebbero essere capaci di riconoscere cambiamenti del proprio aspetto, anche se ciò non implica necessariamente che abbiano coscienza di sé. Sarebbero quindi in grado di guardarsi.
Mappando l’espressione dei geni nel cervello, i ricercatori sono riusciti a identificare un gruppo di neuroni dell’ippocampo ventrale che si attiva proprio nel momento in cui i topi si riconoscono allo specchio. Alcuni di questi neuroni risultano attivi anche quando i topi osservano altri topi dall’aspetto simile. “Questo dato è in linea con studi precedenti sugli umani che – osservano i ricercatori – hanno dimostrato come alcune cellule dell’ippocampo generino segnali non solo quando la persona guarda se stessa, ma anche quando guarda persone familiari come un genitore”.
Tuttavia questi risultati non sono sufficienti per stabilire, sia pure con un ragionevole grado di approssimazione, se i topi abbiano o meno una vera e propria coscienza di sè.