E non è la prima volta che bufale del genere viaggiano sui social. Questa nuova bufala sarebbe a difesa della privacy, ma con la riservatezza dei dati centra davvero poco o nulla. Questo comunicato dalla grammatica vacillante fa leva sullo scarso senso critico degli utenti che frequentano i social. D’altronde la piattaforma social di Facebook dispone dei contenuti in essa pubblicati e non c’è “Non autorizzo” o altro divieto ad essa indirizzato che tenga.
Per il fatto stesso che la utilizziamo accettiamo che Facebook disponga dei contenuti che vi pubblichiamo. Pensate che i primi messaggi-bufala di questo tipo sarebbero stati pubblicati su Facebook nel 2009. Tutto è cambiato da allora, salvo la credulità del pubblico dei social.