È reato la cassata o il cannolo alla blatta. Scatta la responsabilità penale a carico del titolare se la pasticceria siciliana risulta invasa dagli insetti e alcuni infestano i dolci sugli scaffali.
Nessun dubbio che a risponderne debba essere il legale rappresentante della srl, che è tenuto ad assicurare il pieno rispetto delle condizioni igieniche nei locali, mentre la delega di funzioni a un dipendente evita la condanna al datore solo nelle grandi imprese. Né conta che il titolare abbia stipulato un contratto con una ditta specializzata in disinfestazione: deve comunque vigilare sull’esecuzione delle pulizie. La particolare tenuità del fatto, tuttavia, può ancora salvare l’imprenditore.
È quanto stabilito dalla terza sezione penale della Cassazione con la sentenza 13784/23 pubblicata oggi 3 aprile 2023. Accolto solo il motivo di ricorso che denuncia il vizio di motivazione sulla non punibilità ex articolo 131 bis Cp. Confermata la responsabilità penale della titolare, che pure deduce di non poter seguire in prima persona tutta la gestione perché ha un altro punto vendita in provincia. Impietosa l’ispezione Asl: da uno stipite spuntano blatte germaniche vicino a «prodotti semilavorati in parte scaduti e in parte aperti». E alcuni risultano invasi da insetti striscianti e scarafaggi. Non conta che, come conferma un ispettore, le blatte escano di notte quando l’attività è chiusa: a carico dell’imprenditrice si configura il reato di cui all’articolo 5, lettera b), della legge 283/62.
Per gli Ermellini, infatti, di cui ha scritto il sito Cassazione.net, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, il motivo è fondato e, al riguardo, hanno ricordato che “Né rileva che la titolare sostenga di aver delegato i dipendenti a vigilare contro gli ospiti indesiderati: spetta al legale rappresentante far osservare le cautele necessarie a garantire la buona conservazione degli alimenti preparati nel laboratorio, diversamente risponde a titolo di colpa, anche per le carenze dell’organizzazione d’impresa.
La nomina di un preposto fa da scudo all’amministratore solo quando le dimensioni dell’azienda sono tali giustificare la necessità di decentrare compiti e responsabilità. Pesa invece il silenzio serbato dal Tribunale di Catania sulla domanda di non punibilità per particolare tenuità del fatto dell’imputata, che pure ha ottenuto la sospensione condizionale della pena: il vizio di motivazione fa scattare il rinvio a un altro giudice monocratico”.