Un catanese contemporaneamente positivo al covid, al vaiolo delle scimmie e all’Hiv. Lo segnala il magazine medico Journal of Infection. Caso senz’altro singolare, forse unico al mondo, di un 36enne di rientro da una vacanza a Madrid. Dopo il manifestarsi dei sintomi, la diagnosi multipla.
Un 36enne catanese, dopo una vacanza promiscua a Madrid, si è sentito poco bene e ha deciso di recarsi al pronto soccorso. Tuttavia non sapeva che la sua visita gli avrebbe cambiato la vita e sarebbe diventato oggetto di un articolo medico internazionale.
Il suo caso, segnalato sulle pagine del magazine medico Journal of Infection, è infatti il primo di co-infezione sia da parte del vaiolo delle scimmie sia del Covid. Ai due test positivi se n’è poi aggiunto un terzo, quello dell’Hiv. Il processo di diagnosi, scrive la pubblicazione, è stato parecchio laborioso: una volta rientrato, l’uomo aveva manifestato sintomi comuni a entrambi le patologie: febbre, mal di gola, mal di testa e ingrossamento dei linfonodi inguinali. Per esclusione i medici hanno deciso per un tampone Covid, poi rivelatosi positivo. Durante l’isolamento, però, sulle braccia del malato hanno iniziato a presentarsi le tipiche piaghe del monkeypox, da qui la decisione di un secondo test che ha poi portato al ricovero presso il policlinico Rodolico-San Marco di Catania. Dopo la conferma da parte del paziente di aver avuto una serie di rapporti omosessuali non protetti durante la vacanza, la decisione di un test sulle malattie sessualmente trasmissibili che ha rivelato l’Hiv.
Considerando l’alta carica virale, e il fatto che un esame precedente non aveva dato esito, l’ipotesi dei medici è che l’infezione sia abbastanza recente. Ora, l’uomo sta bene, non ha più sintomi né lesioni e ha iniziato una terapia antivirale per contenere il virus dell’Hiv. Un tampone faringeo effettuato in data 19 luglio però è risultato ancora positivo al vaiolo delle scimmie.
Un risultato interessante e relativamente inedito che evidenzia come: «il virus del vaiolo delle scimmie può resistere nella saliva oltre venti giorni e ben oltre la guarigione clinica». Questo significa che, rileva Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, sebbene apparentemente guariti, si può ancora essere infettivi.