Quante volte ci si è chiesto fin dove può arrivare la vita dell’uomo? Uno dei tanti studi effettuati sull’argomento dai ricercatori dell’HEC Montreal ha rivelato che entro la fine del 21° secolo gli esseri umani potranno vivere per 130 anni. Inoltre hanno osservato che l’aspettativa di vita sembra essere aumentata notevolmente a partire dal XIX secolo; gli scienziati hanno rilevato una costante riduzione della mortalità legata ad un aumento dell’età massima al momento della morte. Dunque, entro la fine di questo secolo, le persone potranno vivere fino a 130 anni e il limite dell’aspettativa di vita raggiungerà i 180 anni,
Secondo le analisi statistiche dei ricercatori dell’HEC Montreal dell’omonima università, scrive il Daily Mail. L’autore dello studio, il professore Leo Belzile, ha ipotizzato che entro il 2100 il record per l’aspettativa di vita massima di 122 anni sarà battuto. Jeanne Kalman, una francese morta nel 1997, ha vissuto fino a questa età. L’esperto ha spiegato che, secondo alcuni dati, si può presumere che non ci sia un limite massimo per la durata della vita di una persona.
In una pubblicazione sull’Annual Review of Statistics, Belzile ha messo in guardia sulle implicazioni sociali di un aumento del numero dei centenari: in particolare, i costi sanitari aumenteranno, a causa della diffusione di malattie caratteristiche della vecchiaia. Inoltre, aumenterà l’onere a carico del sistema previdenziale: aumenterà la quota di pensionati e diminuirà la quota di contribuenti. Ad oggi, nel mondo, ci sono 12 persone di età superiore ai 110 anni. In Italia, secondo i dati diffusi nell’ultimo periodo, sembra che gli ultracentenari siano oltre 19mila, molti dei quali sembrano arrivare dalla Sardegna, che ne detiene il primato, a seguire poi il Veneto, la Lombardia, il Piemonte, l’Emilia, il Lazio, la Campania, la Toscana, la Puglia, il Molise, l’Umbria, le Marche, la Calabria, l’Abruzzo tutti di età compresa tra i 100 ed i 109 anni.
Una professoressa dell’Università della California meridionale, Eileen Crimmins, ha concordato le ipotesi di Belzile. In un’intervista con il Times, ha detto che ci vorrà un grande sforzo per salvare la vita di persone di questa età. Si tratta, in particolare, di protesi e trapianti di organi. Tuttavia, nonostante i progressi della medicina possano assicurare una minore mortalità precoce, gli studiosi sostengono che nei nostri corpi si accumulino troppi danni col trascorrere del tempo, e sia normale per i nostri organi non funzionare più in maniera efficace superata una certa età, anche con le migliori cure disponibili. Per allungare il limite naturale della longevità, avremmo bisogno di modificare radicalmente la nostra genetica. L’esperta ha citato le informazioni dell’International Database on Longevity, secondo cui il rischio di morte aumenta rapidamente a partire dai 50 anni, diminuisce ad 80 anni e può addirittura stabilizzarsi verso i 110 anni. Una tesi condivisa da tutti, su fin dove possa spingersi l’età umana, evidenzia Giovanni D’Agata presidente dello “Sportello dei Diritti”, sembra però ancora molto lontana.