Non giova al dipendente chiedere la valutazione della performance in ciascuno degli ultimi tre anni per verificare se è negativa: è escluso che la previsione della riforma Madia si applichi ai rapporti a termine, regolati dai criteri generali della giusta causa. È lo stesso lavoratore, poi, ad ammettere di aver detto no ai superiori che gli chiedevano di spazzare il pavimento oltre che pulire e spolverare i banchi di quattro aule. Ma dopo le lamentele di professori e alunni i rimproveri scritti non sortiscono effetto, anzi il lavoratore minaccia denunce per mobbing. E si convince ancor di più che le pulizie non sarebbero compito suo. Il tutto mentre la tabella A del profilo di area per il personale Ata le prevede in modo esplicito accanto alle funzioni di accoglienza e sorveglianza di alunni e pubblico, mentre la possibilità di ricorrere a contratti di fornitura non esonera i dipendenti dalle mansioni.
Senza dimenticare che la legge di bilancio 2019 stabilisce che debbano essere soltanto i collaboratori scolastici a utilizzare scopa e spazzolone. Insomma: al bidello è contestata una violazione grave ed è escluso che per il fatto addebitato il Ccnl preveda una mera sanzione conservativa, mentre le censure di omessa pronuncia sono inammissibili perché il ricorrente non trascrive la parte decisiva dell’atto di reclamo.
Insomma, le “pecore nere” vengono individuate con più facilità rispetto al passato. Una nuova sentenza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, che è stata drastica e ha detto senza mezzi termini che è consentito licenziare il dipendente pubblico fannullone, se non adempie ai propri compiti e commette mancanze gravi per un periodo di tempo prolungato. Ovviamente, c’è un preciso iter da compiere per arrivare a questo risultato, ma la strada è ormai tracciata.