Nel 1957 ebbero inizio in USA le prime ricerche aerospaziali, con i primi satelliti lanciati nello spazio che posero le basi per lo sviluppo di un sistema di telecomunicazioni, inizialmente denominato ARPA per scopi puramente militari, e da lì si sviluppò Internet.
Più di duecento anni, dunque, dallo stetoscopio artigianale di Laennec alla telecardiologia.
Oggi è possibile seguire il battito del nostro cuore per 24-48 ore mediante un sistema di monitoraggio inventato già nel 1961 da un fisico statunitense, Norman Holter, e successivamente applicato anche al controllo della pressione arteriosa. Questa metodica ha avuto una tale diffusione in ambito di diagnostica cardiologica tanto da identificare l’indagine con il cognome del suo ideatore: è infatti, del tutto impropriamente, molto comune dire “ho fatto l’Holter ecg o della pressione”.
Nei casi in cui un controllo per 24-48 ore può risultare insufficiente, in presenza di aritmie complesse, ma fugaci e transitorie, si può ricorrere al sistema detto “loop recorder”, ovvero ad un registratore dell’elettrocardiogramma applicato esternamente fino a due-tre mesi oppure impiantato sottocute fino a tre anni!!
Ma dove la telecardiologia ci aiuta ancora di più è nel controllo a distanza dei dispositivi impiantati: un paziente a cui è stato applicato un pacemaker o un defibrillatore può, senza muoversi da casa, attraverso Internet, far controllare il suo dispositivo o trasmettere un report del suo ritmo cardiaco 24 ore su 24.
E’ giusto sottolineare come l’utilizzo di queste tecnologie così avanzate non è allo stato riconosciuto dal Servizio Sanitario Nazionale, per cui questa attività, che, si calcola, viene oggi applicata in 14.000 pazienti in tutta Italia, viene svolta volontariamente dalle strutture pubbliche e private accreditate di Cardiologia con un intuitivo aggravio di impegno e di ore lavorative non remunerate!