Studi su famiglie e gemelli hanno sempre sostenuto l’ipotesi di un’influenza genetica, responsabile delle cosiddette anomalie metaboliche che faciliterebbero l’insorgenza dell’obesità in presenza di alta disponibilità di alimenti e cronica sedentarietà. Esistono poi fattori individuali che possono contribuire all’eccessiva introduzione di cibo: si tratta solitamente di comportamenti impulsivi o compulsivi secondari a depressione e/o ansia.
In molti paesi industrializzati colpisce fino ad un terzo della popolazione adulta, con un’incidenza in aumento in età pediatrica, specie oggi che è così abusato il consumo delle “merendine”: rappresenta quindi, senza dubbio, l’epidemia di più vaste proporzioni del terzo millennio e, al contempo, la più comune patologia cronica del mondo occidentale. Non a caso, infatti, la comunità cardiologica mondiale sta rivolgendo sempre più attenzione a questa condizione.
L’obesità costituisce un serio fattore di rischio per mortalità e morbilità, sia di per sè (complicanze cardiovascolari e respiratorie) sia per le patologie ad essa frequentemente associate quali diabete mellito, ipertensione arteriosa, incremento di colesterolo e trigliceridi, calcolosi della colecisti, osteoartrosi.
Per aiutare le persone a determinare il proprio peso-forma, si può usare una semplice misurazione del rapporto tra peso e altezza, chiamata Indice di Massa Corporea (IMC): l’IMC si calcola prendendo il peso in chilogrammi diviso per metri al quadrato (kg/m2).
Oggi sui siti Internet è facile trovare strumenti che calcolano l’indice con il semplice inserimento dei dati, comunque, volendo fare un esempio pratico, chi pesa 70 kg ed è alto 1,75 m avrà un IMC di 22,9. In generale, un IMC tra 18,5 e 25 è considerato “sano”, da 25 a 29 è “a rischio” e un IMC uguale o superiore a 30 è ritenuto ad “alto rischio”. L’IMC, tuttavia, non fornisce informazioni sulla distribuzione del grasso nel corpo. Questa è un’informazione importante perché, ad esempio, un eccesso di grasso addominale può avere conseguenze in termini di problemi di salute.
Un modo per misurare la distribuzione del grasso è la circonferenza della vita, che non è correlata all’altezza e fornisce un metodo semplice e pratico per identificare le persone in sovrappeso che sono maggiormente a rischio di malattie associate all’obesità.
Se la circonferenza della vita è superiore a 94-102 cm per l’uomo e 80-88 cm per la donna (basta adoperare un metro da sarto e prendere la misura all’altezza dell’ombelico), significa che i soggetti hanno un eccesso di grasso addominale e sono quindi maggiormente a rischio di incorrere in problemi di salute, anche se il loro IMC è più o meno nella norma.
La misurazione della circonferenza della vita divide le persone in due categorie: androide e ginoide. I soggetti con una distribuzione del tessuto adiposo di tipo androide (forma a “mela”, in maggioranza uomini) hanno la maggior parte del grasso corporeo intraddominale e localizzato intorno allo stomaco e al petto e sono maggiormente a rischio di sviluppare malattie collegate all’obesità. Gli individui con una distribuzione del grasso di tipo ginoide (forma a “pera”, la maggior parte delle donne) hanno la maggior parte del grasso corporeo localizzata intorno ai fianchi, alle cosce e al sedere. Gli uomini obesi hanno dunque maggiori probabilità di essere “mele” e le donne “pere”.
In relazione alle diete dimagranti va sottolineato che il messaggio da trasmettere è di puntare ad un obiettivo realisticamente perseguibile: si deve mirare non al raggiungimento del cosiddetto peso ideale, numero astratto espressione di calcoli che hanno solo valore statistico, ma di quello cosiddetto “ragionevole”, intendendo, con tale termine, il peso mantenuto senza sforzo dopo i 20 anni e che permette buone condizioni di salute fisica, psichica e sociale. E’ stato ormai ampiamente dimostrato che è sufficiente una riduzione del 10 15% del peso iniziale per indurre significativi miglioramenti di ipertensione, diabete e patologie cardiovascolari.