Conservazione degli alimenti: metodi chimici
In particolare i metodi chimici che sono i più antichi, consistono essenzialmente nell’aggiungere agli alimenti sostanze naturali, quali ad esempio sale, aceto, olio o zucchero, in dosi generose oppure delle molecole di sintesi, ad esempio gli additivi chimici: conservanti, antiossidanti e antimicrobici. Gli additivi chimici, i cui effetti sono sottoposti a una regolamentazione molto cogente, possono avere risultati diversi a seconda della composizone chimica. Nel caso dei coloranti ad esempio hanno effetti solo di natura estetica, ovvero rendono i cibi esteticamente più gradevoli a vedersi, ad esempio le carni e i salumi in genere appaiono di un colore più vivido e brillante.
Conservazione degli alimenti: metodi fisici
Tra i metodi fisici si ricordano invece il riscaldamento e il raffreddamento, l’utilizzo di radiazioni ionizzanti, l’eliminazione dell’acqua, l’utilizzo di atmosfere controllate ad esempio “sotto vuoto” oppure “sotto azoto”.
Conservazione degli alimenti: metodi biologici
I metodi biologici consistono invece nell’inibire la proliferazione degli microrganismi patogeni, favorendo lo sviluppo di altri che invece sono benefici per l’organismo, basti solo pensare allo yogurt. Naturalmente è lecito domandarsi per quanto tempo gli alimenti sottoposti a questi trattamenti mantengono integri il loro valore nutrizonale e la commestibilità? Non è però certo semplice rispondere a questa legittima domanda, certo è che negli ultimi 50-70 anni le possibilità sia di cottura che di conservazione degli alimenti sono profondamente cambiate. Basti solo pensare ad alcune invenzioni che hanno apportato delle innovazioni importanti, ad esempio il frigorifero, il freezer, il forno elettrico, quello a gas e non ultimo al forno a micronde. Se quindi prima la spesa si faceva dal negozio sotto casa e magari anche alle bancarelle del mercato settimanale, adesso la si fa al supermercato, magari nei grandi centri commerciali. Tuttavia a questi radicali cambiamenti del costume, una vera e propria mutazione antropologica come la definì Pier Paolo Pasolini, a cui si assiste con la nascita di una nuova figura, il consumatore, non ha fatto seguito di pari passo l’educazione alimentare di questo nuovo soggetto.