In seguitò però dichiarò che ad ucciderlo non era stato lui, ma che Pasolini fu vittima di un agguato. A distanza di quarant’anni potrebbe però esserci una svolta nell’inchiesta sulla morte dello scrittore. Ad avvalorare quanto sostenuto da Pelosi nelle sue ultime versioni sui fatti ci sarebbero le tracce di sangue rinvenute sugli indumenti che Pasolini indossava quella sera all’idroscalo di Ostia, il cui codice genetico non appartiene a Pino Pelosi. Tuttavia i pm temono che si tratti delle tracce dei presunti complici del Pelosi e che insomma non dica proprio tutto quello che sa infarcendo i suoi discorsi di reticenze.
Pelosi detto la “Rana” era uno dei tanti ragazzi di borgata cantati nelle opere dello scrittore friulano, ma la sua versione nel corso degli anni è stata messa in discussione da più fronti, in particolare dagli amici stessi di Pasolini. In effetti le dichiarazioni fornite nel corso degli anni da questo ex “ragazzo di vita” oggi 56enne spesso si sono intrecciate contraddicendosi.
Nell’ultima deposizione resa il 1 dicembre a seguito delle indagini della Procura di Roma per la morte del regista di Salò o le 120 giornate di Sodoma, ha dichiarato che ad uccidere a bastonate Pasolini e poi passargli sopra con un’auto è stata più di una persona. Interrogato dal pm Francesco Minisci questa è la sua ultima versione (e si spera definitiva) su quanto accadde all’idroscalo di Ostia quella notte del 2 novembre del 1975: “Erano in sei quella notte all’idroscalo. Mentre uno mi teneva bloccato, in due hanno iniziato a picchiare Pasolini con mazze e bastoni. Lo sentivo gridare aiuto, poi è finito a terra e un’Alfa uguale a quella che lui guidava lo ha investito”.
Pelosi ricostruendo quanto accadde ricorda che quella sera Pasolini che conosceva da circa un mese, lo passò a prendere alla stazione Termini con la macchina, salito in auto si avviarono al ristorante Biondo Tevere, poi si incamminarono verso Ostia. Dopo essersi fermati per fare benzina si sono quindi diretti all’Idroscalo.
Così prosegue Pelosi, assistito dall’avvocato Alessandro Olivieri: “Appena parcheggiata la macchina sono sceso per fare pipì. In quel momento, un uomo con la barba mi ha afferrato da dietro. Dopo avermi dato un pugno in faccia mi ha preso per il collo e mi ha detto di restare fermo; a quel punto, dalla Fiat 1300 coupè sono scese due persone che hanno massacrato di botte Pasolini. Mazze in mano lo hanno colpito a ripetizione. Gridava: ‘Aiuto mamma!’. Dopo ho visto un faro di una moto. Quindi è arrivata anche l’Alfa Gt che l’ha investito”. Inoltre riguardo al furto delle pellicole rubate al regista ritiene che:”sarebbe stato perpetrato dai fratelli Borsellino, all’epoca poco più che ragazzi”. L’uomo che per la prima volta ha ammesso di aver frequentato per qualche mese il regista sostiene anche che “Giuseppe Mastini, detto Johnny Lo Zingaro, è completamente estraneo alla vicenda”.
Insomma Pelosi da un lato ammette dall’altra smentisce le sue stesse dichiarazioni, eppure proprio a quest’uomo che oggi ha 56 anni, che è stato testimone di quanto accaduto in quella terribile notte all’idroscalo di Ostia, sono affidate le nostre residue speranze di conoscere la verità sull’assassinio di Pier Paolo Pasolini, la cui intelligenza e il cui sguardo lucido e profetico, avrebbe ancora potuto scrutare come un faro con le sue opere, i suoi film, i suoi scritti, l’orizzonte dei nostri tempi.