Giacomo Leopardi: di cosa soffriva
Il dottore chiarisce fin da subito un equivoco che circola sulla figura del poeta. Giacomo Leopardi: “Non era un depresso, non era uno sfigato come direbbero i ragazzi di oggi, non era affetto da malattia tubercolare ossea”. Secondo il neurochirurgo, Leopardi non morì per il morbo di Plott o spondilite tubercolare, ma per una malattia genetica rara: la spondilite anchilopoietica giovanile. D’altronde proprio la lettura delle corrispondenze del poeta evidenzia come Leopardi non è nato con alcuna malattia: “Dalle lettere sappiamo che Leopardi non è nato gracile e gobbo. Il fratello Carlo lo descrive come bambino vivace e leader nei giochi. La cifosi dorsale insorge dopo i 16 anni, come conferma il marchese Filippo Solari che scrive di aver lasciato Giacomino “di circa 16 anni sano e dritto” e averlo ritrovato dopo 5 anni “consunto e scontorto””. I famosi sette anni di “studio matto e disperatissimo” nella biblioteca paterna contribuirono ad aggravare ancora di più la deformazione di cui già soffriva, ma non ne furono certo la causa. Leopardi cominciò a soffrire di problemi di vista a fasi alterne, disturbi intestinali e complicanze cardiopolmonari. Il poeta si spense Napoli il 14 giugno 1837 ad appena 39 anni. In definitiva secondo il neurochirurgo Leopardi non era affetto da depressione psicotica: “La malattia ha influenzato i tratti caratteriali, ma non si può parlare di depressione in un uomo che viaggiò molto fino alla fine dei suoi giorni e continuò a creare moltissimo. Aveva tanti progetti da realizzare“.