Tecnica chirurgica avanzatissima per il tumore alla prostata
In questo senso così ha spiegato Vincenzo Mirone, Professore Ordinario di Urologia presso l’Università degli studi Federico II di Napoli: “La chirurgia focale impiega un laser non termico a bassa potenza che uccide le cellule tumorali, preservando il tessuto sano circostante, tramite un processo di foto-attivazione. Le fibre laser vengono introdotte nella prostata attraverso la regione perineale e sotto la guida di un sofisticato sistema ecografico. Si utilizza, quindi, un farmaco denominato padeliporfina, capace di attivarsi solo nella parte della prostata illuminata dal Laser, preservando la funzionalità urinaria e sessuale. Tuttavia le indicazioni al trattamento sono molto precise, nel senso che non tutti i pazienti possono essere sottoposti a terapia focale: il tumore deve essere di bassa aggressività e deve essere localizzato esclusivamente in un solo lobo della prostata“. La caratteristica principale di questa nuova metodica è che è in grado di eliminare solo le cellule tumorali preservando il tessuto sano attorno al tumore. In tal modo il paziente ha numerosi vantaggi per quanto riguarda il mantenimento della qualità di vita: basti pensare alla riduzione della durata dell’intervento (solo 1 ora e mezza), ai minimi tempi di recupero in quanto entro 24 ore il paziente può tornare a casa, all’assenza degli effetti collaterali con quasi totale eliminazione di dolore post operatorio, minimi effetti sulla funzione urinaria e elevata possibilità di preservare sia l’eiaculazione che la potenza sessuale. La metodica è stata approvata in oltre 31 paesi dell’Unione Europea, tuttavia in Italia il farmaco non figura nell’elenco delle procedure riconosciute e rimborsate dal Sistema Sanitario Nazionale, pertanto il trattamento, a oggi, può essere effettuato esclusivamente in regime privato.