Oggi 29 ottobre ricorre la Giornata mondiale dell’ictus, una patologia a carattere acuto che deriva dall’occlusione di una arteria cerebrale. Nel nostro Paese ogni anno se ne ammalano circa 200mila persone. Di queste il 20% muore, mentre il 30% sopravvive riportando invalidità permanenti.
Ictus: le metodiche utilizzate per il trattamento
Per il trattamento dell’ictus oggi si prospettano due possibilità di intervento. La prima prevede la somministrazione di particolari molecole in grado di sciogliere l’occlusione causata dall’ictus. Tuttavia se l’ostruzione riguarda i grandi vasi queste terapie possono fallire. In caso di fallimento della prima terapia subentra il secondo trattamento, ovvero la tromboectomia endovascolare, che consiste nell’inseririento di una sorta di rete a livello dell’arteria ostruita. In tal modo il chirurgo ricanalizza il flusso sanguigno disostruendo il vaso. Successivamente viene rimosso lo stent.
Ictus: pronto intervento per limitare i danni nel breve e nel lungo periodo
Il dottor Stefano Paolucci, Direttore di Unità Operativa Complessa di Neuroriabilitazione alla Fondazione Santa Lucia Irccs nonché Presidente Eletto della Società Italiana di Riabilitazione Neurologica (SIRN), spiega che sempre più persone sopravvivono all’ictus, tuttavia il superamento di un episodio acuto però comportare diverse conseguenze a seconda del danno: “I principali danni post-ictus. I primi, soprattutto in acuto, sono l’emiparesi e l’emiplegia, ovvero un’incapacità a muovere una parte del corpo. Quelli non motori invece affligogno l’area del linguaggio e dell’esplorazione spaziale. Non solo, nel lungo periodo chi supera un ictus può andare incontro a depressione, spasticità, dolore e problemi di deglutizione”.
Paolucci spiega che il primo di questi problemi si affronta con la riabilitazione motoria che viene eseguita in ospedale fin dai primi momenti. Ed aggiunge: “La vera criticità riguarda soprattutto la riabilitazione sul lungo periodo poiché per la varietà di danni occorre un approccio riabilitativo che coinvolga più professionisti”.
In questo senso l’A.L.I.Ce. Italia Onlus da anni si batte affinché anche in Italia i pazienti che sopravvivono all’ictus possano seguire dei percorsi di neuroriabilitazione finalizzati al recupero non solo delle facoltà motorie, ma anche cognitive in modo da ottenere un recupero che possa preservare a pieno titolo l’autonomia della persona.
Ictus: fattori di prevenzione
Ma quali sono i fattori di prevenzione dell’ictus? Gli esperti sottolineano che è possibile ridurre i fattori di rischio seguendo uno stile di vita sano. Ad esempio evitando fumo e alcol, e per quanto riguarda la dieta non indulgere al consumo di cibi fritti e grassi, carni rosse, ma prediligere il consumo di frutta e verdura. Alla dieta va associata anche la pratica di una attività sportiva che deve comprendere almeno 150 minuti lungo l’arco della settimana. In questo senso è già sufficiente una camminata, oppure salire le scale a piedi o andare in bicicletta.
Ictus e cellule staminali
I pazienti che sopravvivono all’ictus devono poi sottoporsi a una lunga fase di riabilitazione per “rieducare” il cervello che ha subito un danno dalla mancata irrorazione sanguigna in certe sue aree. Stando a uno studio realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Irccs ospedale San Raffaele di Milano una iniezione nel cervello a base di cellule staminali potrebbe favorire il recupero dei pazienti che sono stati colpiti da un ictus. Queste cellule una volta raggiunta l’area del cervello colpita da ischemia cerebrale rilasciano una proteina chiamata “fattore di crescita dell’endotelio vascolare”. Tale proteina avrebbe un ruolo molto importante in quanto andrebbe a migliorare la plasticità cerebrale facendo sì che il cervello possa riadattarsi a causa delle funzioni perse per l’ictus. Lo studio è stato pubblicato sul Journal of Neuroscience.