I ricercatori del Centro per la salute dell’Università del Texas sud-occidentale, hanno scoperto che la mutazione di una proteina, la beclin-1, riuscirebbe a indurre un rallentamento del processo di invecchiamento. Tale proteina in realtà già nota ai ricercatori, è responsabile di un meccanismo noto come autofagia, che permette alle cellule del nostro organismo di eliminare i materiali tossici o danneggiati. La ricerca condotta sui topi affetti da alzheimer ha dimostrato che la mutazione di questa proteina previene il rischio di sviluppare tumori oltre che di ammalarsi di patologie che interessano cuore e reni. In prospettiva potrebbe anche rivelarsi utile per mettere a punto una cura per l’Alzheimer e le altre patologie neurodegenerative. Rimanendo in tema di invecchiamento stando a una ricerca condotta dall’Università di Padova e il VIMM esisterebbe una specie di ormone dell’invecchiamento. In particolare il processo di senescenza viene associato a un progressivo decadimento dei mitocondri, che sono le centrali energetiche della cellula. I ricercatori in particolare sono riusciti a scoprire in che modo l’ormone, chiamato FGF21, sia legato alla promozione del processo di invecchiamento. La produzione di questo ormone in particolare porta l’invecchiamento di pelle, fegato, intestino nonché la perdita di neuroni. Dalla ricerca è emerso che i livelli di OPA1, una proteina che contribuisce alla salute dei mitocondri, sono presenti negli anziani che svolgono una attività fisica, mentre sono assenti in chi non pratica alcun tipo di esercizio fisico.
La mancanza di movimento influisce quindi sulla produzione di questo ormone FGF21 e quindi sul processo di deterioramento dei mitocondri
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