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Sempre più italiani rinunciano alle cure per questioni economiche

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Sanità
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Per gli italiani in difficoltà economica è sempre più difficile occuparsi della propria salute. Sono le cure mediche, infatti, a finire troppo spesso sotto la tagliola delle spese “superflue”, che superflue non sono. E’ quanto emerge dallo studio promosso dal Ministero della Sanità “L’Italia per l’equità nella salute”, realizzato da Inmp (Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e il contrasto alle malattie della povertà), Istituto superiore della Sanità, Agenas e Aifa.

Un report che fa riflettere

In Italia, circa il 7,8 per cento della popolazione (ben 5 milioni di persone) hanno dovuto rinunciare a una visita medica presso uno specialista o a un trattamento terapeutico pur avendone necessità. La causa? Difficoltà economiche. Un dato che fa riflettere nell’Italia del 2017, che preoccupa e che lascia l’amaro in bocca. Lo studio, poi, riflette anche altri aspetti interessanti nel rapporto salute-cittadinanza. Emerge, ad esempio, che le aspettative di vita sono molto più elevate per gli uomini che hanno studiato. Sì, genere e livello di istruzione hanno un riflesso diretto sulla longevità dell’individuo. Un uomo laureato, in media, vive tre anni di più rispetto a chi ha ottenuto il completamento degli studi dell’obbligo. Una donna laureata, invece, vive circa un anno e mezzo in più rispetto a una donna con licenzia media.

Si vive di più al Nord

I picchi più elevati di mortalità prematura si registrano nelle regioni del Mezzogiorno, un effetto diretto del contesto di vita di queste regioni sulla salute di chi vi risiede. La longevità varia anche da città a città e all’interno della stessa città. Lo studio porta ad esempio il caso di un uomo, torinese, che attraversa la città, dalla collina alto borghese (a elevato reddito) alla barriera operaia nel nord-ovest (a basso reddito). Ogni chilometro percorso incide negativamente sulla sua aspettativa di vita, che viene a ridursi di sei mesi in sei mesi. “La stratificazione sociale – si legge nel report – influenza in modo diseguale la vulnerabilità delle persone alle conseguenze sociali della malattia: questo significa che la compromissione dello stato di salute può avere conseguenze diverse sulla carriera sociale di un individuo, a seconda delle condizioni socio-economiche di partenza. Si tratta di un effetto che a sua volta si ricollega, attraverso un meccanismo di ‘causazione inversa’, alla stratificazione sociale, in quanto l’esperienza di malattia è in grado di invertire la direzione di marcia dell’ascensore sociale tra le persone malate. La sanità può moderare gli effetti di questo meccanismo, ad esempio attraverso le esenzioni dal ticket per reddito, limitate agli anziani indigenti e finalizzate a evitare che la compartecipazione alla spesa da parte dell’assistito possa aggravare la trappola della povertà. Ciò vale anche per le politiche non sanitarie, come quelle del lavoro, che si propongono di favorire l’inserimento lavorativo delle persone con limitazioni funzionali”.

 Le cattive abitudini e l’istruzione

A incidere molto sulla longevità sono soprattutto le cattive abitudini, gli stili di vita non corretti, molto più frequenti tra persone con livelli di istruzione più bassi. Il fumo, ad esempio, interessa il 22 per cento della popolazione con scuola dell’obbligo, mentre solo il 7 per cento dei laureati fuma. Anche l’obesità è un fenomeno molto più diffuso tra i meno istruiti (il 14 per cento), così come uno stile di vita sedentario (72 per cento). Tra persone con un livello più elevato di istruzione queste percentuali scendono rispettivamente al 7 per cento e al 52 per cento. Un’attenzione crescente alla propria salute potrebbe tradursi anche in una maggiore attenzione a strumenti, come un’assicurazione salute, un esempio può essere quella proposta da Unipolsai, nati proprio per sostenere le persone nei momenti più complessi. Il report, tra l’altro, evidenzia come si continui a registrare un aumento della spesa sanitaria privata in capo alle famiglie: nel 2016 tocca quota 33.900.000.000 euro, in aumento dell’1 per cento sul 2012. A sostenerla è la lunghezza delle liste di attesa.

L’alcol è un peccato comune

Curioso evidenziare che il consumo di alcol sembra non far registrare sensibili differenze tra i due gruppi di soggetti presi in considerazione. L’abuso di questa sostanza, infatti, interessa il 5,5 per cento delle persone laureate, o con livelli di istruzione superiore, e il 7,3 per cento delle persone con livelli di istruzione più bassi.

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