Chi presenta un
difetto all’udito ha molte più probabilità di soffrire di
demenza. In particolare a sottolineare questo possibile legame tra problemi di udito e l’aumentato rischio di insorgenza di una demenza è Stefano Di Girolamo, ordinario di Audiologia e responsabile UOSD di Audiologia del Policlinico Tor Vergata di Roma. D’altronde solo nel nostro paese vi sono 8 milioni di
ipoacusici, ovvero di persone che pur non avendo perso la funzione uditiva presentano delle difficoltà ad udire i suoni. D’altronde si tratta di un numero che tenderà ad aumentare nei prossimi anni considerando che l’aspettativa di vita è sempre più elevata. Tuttavia a fronte di questi numeri in crescita, sono in pochi quelli che ricorrono all’ausilio delle
protesi acustiche. I motivi di questa ritrosia vanno ricercati in fattori di varia natura: non soltando motivazioni di ordine sociale ed economico ma anche pregiudizi e pigrizia. In ogni caso mantenere integra la funzione uditiva è importante anche per continuare ad avere un cervello giovane, ricettivo agli stimoli. Chi infatti è affetto da
ipoacusia lieve, media e grave presenta un rischio 2 3 e 5 voltre superiore di di andare incontro a deficit cognitivi. In particolare così ha spiegato il profesor Di Girolamo: “
il deficit uditivo può ridurre, anche di oltre il 30 per cento, l’efficienza di altre abilità cognitive aumentando il rischio di una precoce compromissione di funzioni come l’attenzione, la memoria e le capacità strategico-esecutive”.
Pertanto continua il professore: “Prevenire il decadimento cognitivo con la cura dell’udito è quindi una necessità se si vogliono ridurre i costi della sanità e del welfare“.