Nelle
patologie neurodegenerative la
diagnosi precoce è molto importante in quanto permette di agire prima ancora che si siano manifestati i sintomi relativi, ad esempio, all’
Alzheimer. Proprio in tema di Alzheimer, Marco Pagani dell’Istituto di scienze e tecnologie della cognizione del Consiglio nazionale delle ricerche (Istc-Cnr), utilizzando la Pet, ovvero la Tomografia ad emissione di positroni, ha apportato alcune innovazioni per ottimizzare le analisi statistiche dei dati di metabolismo cerebrale tramite questa metodologia. In particolare così spiega Marco Pagani: “In alcuni casi però tale deficit non è dovuto a patologie neurodegenerative ma ad altre cause, ad esempio a uno stato depressivo acuto o cronico. È importante dunque già nella fase iniziale avere una diagnosi certa del disturbo e della sua possibile evoluzione, per effettuare i corretti interventi terapeutici e per consentire ai familiari di gestire adeguatamente l’impegnativa assistenza del paziente”. Ed ancora: “La Pet, in particolare la Pet cerebrale con Fluorodeossiglucosio (Fdg-Pet), una tecnica di neuroimmagini funzionali assai diffusa e disponibile sul territorio nazionale a costi contenuti, è indubbiamente da preferire alla Risonanza magnetica per rivelare se il deficit cognitivo sia o no dovuto ad Alzheimer. Inoltre, può aiutare nella valutazione dello stato di progressione delle malattie neurodegenerative”. Insopmma si tratta di un esame che può consentire una
diagnosi più precoce dell’Alzheimer. Sempre riguardo alle più recenti novità concernenti questa malattia, stando a uno studio condotto dal Laboratorio di Neurogenetica, Centro Europeo di Ricerca sul Cervello (CERC), IRCCS Santa Lucia, lo
zafferano potrebbe rivelarsi utile nel trattare i pazienti affetti dall’Alzheimer nella forma non ereditaria.
In particolare stando ai risultati di questo studio italiano, l’estratto di zafferano avrebbe la proprietà di agevolare la degradazione della proteina tossica beta-amiloide, il cui accumulo nel cervello si ritiene sia la causa principale di questa patologia neurodegenerativa e di potenziare l’efficacia dell’enzima catepsina B, la cui attività principale consiste proprio nella degradazione cellulare.