Il neurochirurgo italiano Sergio Canavero assieme al collega cinese Xiaoping Ren della Harbin Medical University, ha effettuato il primo trapianto di testa al mondo in Cina su di un cadavere. Tramite questa operazione è stato possibile ricollegare colonna vertebrale, vasi sanguini e nervi. Ad annunciarlo è stato lo stesso neurochirurgo italiano su The Telegraph, aggiungendo chea breve potrebbe seguire il primo trapianto di testa su un essere umano. Il dottor Canavero stato protagonista di in questi anni di affermazioni controverse che hanno suscitato perplessità da parte della comunità scientifica. Nel 2013 ad esempio il dottore ha dichiarato che il trapianto di testa potrebbe migliorare la qualità della vita delle persone affette da paralisi, cancro, atrofie e patologie neurodegenerative. Tuttavia vi sono molte perplessità circa la concreta fattibilità di questo intervento, soprattutto per quanto riguarda la difficoltà di collegare i tronconi del midollo del donatore con queli del ricevente. L’eventuale riuscita di un intervento di questo tipo darebbe una speranza a tutte le persone che hanno riportato la lesione del midollo spinale. Già nel 2016 avrebbe effettuato questo tipo di trapianto che sarebbe tecnicamente riuscito su una scimmia. Il medico italiano, coadiuvato da una équipe di ricercatori della Università di Harbin, in Cina, ha unito i vasi sanguigni di collo e testa ma non la spina dorsale. La scimmia è deceduta 22 ore dopo, per Canavero comunque il risultato è da accogliere in senso positivo in vista del suo progetto di eseguire un’operazione analoga sull’uomo.In ogni caso esiste già un volontario umano per il trapianto di testa. Si tratta di Valery Spiridonov, un 30 enne di origini russe che è affetto da atrofia spinale di tipo 1. Questa malattia degenerativa determina il deterioramento dei neuroni motori fino a portare alla paralisi completa. Venendo a qualche dettaglio sul trapianto di testa l’intervento dovrebbe durare circa 36 ore, costerà oltre 10 milioni di dollari e dovrebbe svolgersi nella clinica universitaria della città cinese di Harbin con circa 150 medici a coadiuvarlo. Inoltre bisognerebbe mettere a punto apparecchiature specialistiche.
Inevitabilmente però interventi di questo tipo sollevano interrogativi sul piano bio-etico. Ne seguiremo i prossimi sviluppi.
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