Da dove nasce la paura dei buchi
La tripofobia è una patologia che colpisce più persone di quante se ne potrebbe pensare. A generare uno stato di paura e ansia è la visione di immagini che rappresentano raggruppamenti di fori, l’esempio principe in questo caso è quello di un normalissimo alveare. Secondo una recente ricerca condotta da studiosi inglesi, si tratta nel dettaglio di psicologi dell’Università del Kent, nel Regno Unito, a generare questa fobia è una profonda avversione che il soggetto nutre nei confronti di parassiti e malattie infettive. Questa patologia è nota anche come “fobia dei pattern ripetitivi”.
Una malattia non riconosciuta dalla scienza
La paura dei pattern ripetitivi, generalizzata con il nome più comune di tripofobia, non ha un vero e proprio riconoscimento scientifico perché non è riportata in quello che viene considerato il testo di riferimento delle patologie fobiche: il manuale “Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders” dell’American Psychological Association. Qui, infatti, sfogliando le pagine è possibile imbattersi in tutte quelle che sono le fobie ufficialmente riconosciute dalla scienza. Nonostante tutto questa paura apparentemente immotivata dei raggruppamenti di fori è davvero molto diffusa e l’avvento del web ha favorito la diffusione della consapevolezza della sua esistenza, facendo sì che molti soggetti affetti da tripofobia ne venissero finalmente a conoscenza, attribuendo una ragione a un malessere apparentemente inspiegabile.
I sintomi da non sottovalutare
Come capire se si è affetti da questo fastidioso disturbo? Nella maggior parte dei casi i sintomi si manifestano in maniera molto simile. Brividi, pelle d’oca, nausea, vomito, veri e propri attacchi di panico, sudore, prurito. Questi, nella maggior parte dei casi, sono gli effetti che genera la visione di immagini che riflettono buchi e non solo. Nei casi più estremi, infatti, lo stato di agitazione e ansia è generato anche dalla vista di bolle, come quelle di un banale bagnoschiuma, o della schiuma stessa, composta da minuscole bollicine.
Cambiano i temi e le paure
La tripofobia non è l’unica paura a non comparire nell’apposita Bibbia. Tempi nuovi, paure nuove si potrebbe in un certo senso affermare. Nella vita di tutti i giorni sono entrati con prepotenza oggetti dai quali siamo diventato quasi dipendenti, come smartphone, tablet e computer. Il loro utilizzo costante e continuato ha generato una serie di nuove fobie che spesso sono legate alla possibilità di ritrovarsi senza l’accesso a questi oggetti o alla rete web. Potrebbe far sorridere se in alcuni soggetti non generasse veri e propri stati di ansia e paura. Tra le principali paure di nuova generazione c’è la “nomofobia”: si tratta del timore immotivato o reale di trovarsi in situazioni in cui non si disponga di rete mobile, connessione dati o batteria del cellulare o del computer carica. Un fenomeno che è già finito sotto la lente dei ricercatori inglesi. Lo studio ha rilevato che circa il 58% degli uomini e il 48% delle donne sottoposte all’osservazione ha dimostrato di essere incline a mostrare uno stato ansioso quando scopre di avere il cellulare scarico o si accorge di non avere connessione a internet.