Quando si intraprende una cura antibiotica è buona norma portarla a termine anche se si avvertono i primi miglioramenti. Insomma concludere il ciclo di terapia antibiotica proprio al fine di evitare lo sviluppo di una eventuale resistenza da parte dei batteri trattati, è una sorta di capisaldo della medicina moderna. Tuttavia stando a un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista del British Medical Journal, questa raccomandazione non sarebbe suffragata da evidenze cliniche sufficienti. In pratica l’idea di fondo è che i cicli più brevi risulterebbero meno efficaci, per cui in tal modo si sono trascurati invece i problemi derivanti da un trattamento eccessivo. Alcuni batteri che hanno sviluppato una resistenza agli antibiotici, normalmente innocui, infatti non avrebbero acquisito questa immunità con una selezione diretta, ma proprio a causa di questi trattamenti protratti. In questo senso secondo gli esperti inglesi sarebbe necessario rivedere le linee guida relative all’autilizzo degli antibiotici. Insomma questi farmaci che hanno rivoluzionato la storia moderna della medicina dovrebbero essere usati con maggiore parsimonia e anche il trattamento dovrebbe avere una durata inferiore. Difatti la resistenza di alcuni agenti patogeni agi antibiotici è sempre più una drammatica realtà. L’Oms, l’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha pubblicato una lista dei 12 batteri resistenti agli antibiotici più pericolosi. In particolare questa è la lista dei batteri che hanno dimostrato resistenza a più classi di antibiotici:
Cinetobacter, Preudomonas, e Enterobacteriaceae, Klebsiella, E. coli, Serratia e Proteus. Ed ancora l’Enterococcus faecium, lo Staphylococcus aureus e l’Helicobacter pylor.
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