Stando ai dati diffusi dalla Cgia di Mestre sul fronte della ripresa economica, emerge in maniera sempre più drammatica una forbice netta tra Sud e Nord. La Cgia di Meste in particolare ha posto a confronto gli indicatori relativi al Pil pro capite, al tasso di occupazione, al tasso di disoccupazione e al rischio povertà o esclusione sociale. Tenendo conto del Pil procapite il Nord sopravanza il Sud di quasi 14.905 euro: 32.889 euro nelle tasche dei settentrionali rispetto ai 17.984 dei meridionali. Nello specifico le variazioni più significative si sono registrate in Sardegna (-2,3%), Sicilia (-4,4), Campania (-5,6) e Molise (-11,2). Buona, invece, la situazione della Basilicata (+0,6 per cento) e della Puglia (+0,9). Le cose non vanno meglio se si considera il mercato del lavoro: nel 2007 la differenza era di 7,5 punti percentuali, nel 2016 è arrivata a 12, per cui si è registrato un gap complessivo pari a +4,5%. Risaltano in negativo i dati della Campania e della Sicilia che presentano entrambe un +9,2% e della Calabria con un +12. Anche per quanto riguarda il rsichio di esclusione sociale, i dati rimarcano la differenza tra Sud e Nord. Se nel 2007 la percentuale di popolazione a rischio povertà nel Sud raggiungeva il 42,7%, nel 2015 che è l’ultimo dato disponibile a livello regionale, è salita al 46,4. In pratica quasi un meridionale su due si trova ad affrontare gravi difficoltà economiche. Al Nord, invece, la soglia di povertà è passata dal 16 al 17,4%. In definitiva quindi il gap in questi 8 anni è aumentato di 2,2 punti percentuali.
Insomma i dati evidenziano uno scollamento sempre più pronunciato tra le regioni del Nord ed quelle del Sud, come se non facessero parte di un medesimo Stato.
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