E’ passato già un anno dalla scomparsa di Umberto Eco. Il grande scrittore, semiologo, filosofo e saggista ci ha lasciati esattamente il 19 febbraio del 2016. La redazione di News24web vuole ricordarlo così.
Scrittore, saggista, filosofo, semiologo e linguista italiano Umberto Eco è morto venerdì 19 febbraio all’età di 84 anni nella sua casa di Milano alle 22:30 a causa di un tumore che lo aveva colpito due anni prima. Sono stati i suoi stessi familiari a darne notizia a La Repubblica. Era il 1980 quando Umberto Eco, studioso già affermato, pubblicò il romanzo “Il nome della rosa”, giallo filosofico di ambientazione medievale. Non si tratta certo di un salto nel vuoto, ma lo studioso accademico si cimenta nell’arte della narrativa rischiando anche il flop ed invece sarà un successo di vendite colossale. “Il nome della rosa” diventerà in breve un best-seller internazionale tradotto in 47 lingue e venduto in trenta milioni di copie. Eco vince la sua scommessa: scrivere un romanzo di qualità che riesca però a raggiungere il grande pubblico. “Il nome della rosa” mette d’accordo un po’ tutti, riscontrando un grande successo sia presso la critica che presso il pubblico. Nel 2012 Umberto Eco a 32 anni dalla pubblicazione del suo primo romanzo, pur mantenendo intatto lo stile e la composizione narrativa, è intervenuto a eliminare alcune ripetizioni ed errori sulla scorta dei suggerimenti da parte dei lettori, nonché a ridurre parte delle citazioni latine troppo lontane dal campo di conoscenza del lettore medio e a rivedere la descrizione della faccia del bibliotecario cieco, il venerabile Jorge (chiaro riferimento allo scrittore argentino Borges). Nel 1988 pubblica il suo secondo romanzo, “Il pendolo di Foucault” in cui in maniera molto raffinata si prende gioco del complottismo storico. Nel 1994 pubblica “L’isola del giorno prima”, nel 2000 “Baudolino“, nel 2004 “La misteriosa fiamma della regina Loana“, nel 2010 “Il cimitero di Praga“, e nel 2015 “Numero Zero“. L’ultimo suo libro, pubblicato nel 2015, proprio il giorno del suo compleanno è stato “Numero Zero”, pubblicato da Bompiani. Il testo è ambientato nel 1992 all’epoca dello scandalo di Mani pulite e parla di una immaginaria redazione di un giornale. Tutti i romanzi scritti da Eco sono stati editi in italiano da Bompiani. E’ comparso più volte nella lista dei candidati al premio Nobel per la Letteratura, ma l’Accademia di Svezia non lo ha mai premiato.
Note biografiche
Nasce ad Alessandria il 5 gennaio del 1932, si laurea a Torino, ma buona parte della sua carriera accademica si svolge a Bologna. Figlio di un negoziante di ferramenta, conseguì la maturità al liceo classico “Giovanni Plana” di Alessandria, la sua città natale. In gioventù fu impegnato nella GIAC (l’allora ramo giovanile dell’Azione Cattolica) e nei primi anni cinquanta fu chiamato tra i responsabili nazionali del movimento studentesco dell’AC (progenitore dell’attuale MSAC). Nel 1954 abbandonò l’incarico per via di alcune divergenze con Luigi Gedda. Nel corso dei suoi studi universitari su Tommaso d’Aquino, smise di credere in Dio e lasciò definitivamente la Chiesa cattolica. In seguito commentò con l’ironia che lo contraddistingueva questo episodio: “si può dire che lui Tommaso d’Aquino mi abbia miracolosamente curato dalla fede”.
Carriera accademica
Laureatosi in filosofia nel 1954 all’Università di Torino con Luigi Pareyson con una tesi sull’estetica di San Tommaso d’Aquino, iniziò a dedicarsi alla filosofia e cultura medievale, campo d’indagine su cui ritornò più volte. Successivamente applicò le basi dello studio semiotico alla cultura popolare contemporanea e all’indagine critica sullo sperimentalismo letterario e artistico. Nel 1956 pubblicò il suo primo libro, un’estensione della sua tesi di laurea dal titolo “Il problema estetico in San Tommaso“. Nel corso degli anni è stato autore di altri libri a carattere filosofico, in particolare sulla semiotica applicata allo studio di fenomeni di massa. Basti pensare a “Opera aperta” e a “Apocalittici e integrati” senza tralasciare “Fenomenologia di Mike Bongiorno”, “Il caso Bond”. Nello specifico per quanto riguarda la semiotica ricordiamo: “La struttura assente” (1968), il “Trattato di semiotica generale“, (1975), “Lector in fabula” (1979) e “I limiti dell’interpretazione“, 1991. Dal 1959 al 1975 fu condirettore editoriale della casa editrice Bompiani. Nel 1961 iniziò anche la sua carriera universitaria che lo portò a tenere corsi, in qualità di professore incaricato, in diverse università italiane: Torino, Milano, Firenze e, infine, Bologna dove ha ottenuto la cattedra di Semiotica nel 1975, diventando professore ordinario. All’università di Bologna è stato direttore dell’Istituto di Comunicazione e spettacolo del DAMS, poi ha dato inizio al Corso di Laurea in Scienze della comunicazione. Infine è divenuto Presidente della Scuola Superiore di Scienze Umanistiche che coordina l’attività dei dottorati bolognesi del settore umanistico. Nel corso degli anni ha insegnato anche in varie università straniere. Nell’ottobre 2007 si è ritirato dall’insegnamento per limiti di età.
Studi, libri e articoli sulla cultura di massa e i testi di semiotica
In particolare è dalla fine degli anni ’50 che Eco iniziò a interessarsi all’influenza dei mass media nella cultura di massa, su cui pubblicò articoli in diversi giornali e riviste, in buona parte parte confluiti in “Diario minimo” (1963) e “Apocalittici e integrati” (1964). Nel 1968 pubblicò il suo primo libro di teoria semiotica, “La struttura assente”, cui seguirono il fondamentale “Trattato di semiotica generale” (1975) e gli articoli per l’Enciclopedia Einaudi poi riuniti in Semiotica e filosofia del linguaggio (1984). Nel 1971 fonda Versus – Quaderni di studi semiotici, una delle maggiori riviste internazionali di semiotica, rimanendone direttore responsabile e membro del comitato scientifico fino alla morte.
Collaborazioni giornalistiche
Ha collaborato dalla sua fondazione, nel 1955, al settimanale L’espresso (sul quale dal 1985 al 2016 ha tenuto in ultima pagina la rubrica La bustina di Minerva), ai giornali Il Giorno, La Stampa, Corriere della Sera, la Repubblica, il manifesto e a innumerevoli riviste internazionali specializzate. Inoltre ha collaborato alla collana “Fare l’Europa” diretta da Jacques Le Goff con lo studio “La ricerca della lingua perfetta nella cultura europea” (1993). Ha tradotto gli Esercizi di stile di Raymond Queneau (nel 1983) e Sylvie di Gérard de Nerval (nel 1999 entrambi presso Einaudi) e ha introdotto opere di numerosi scrittori e di artisti. Ha ricevuto numerose onorificenze ed è stato insignito di diverse lauree honoris causa.
L’ultimo libro
L’uscita del nuovo libro di Eco, Pape Satàn Aleppe, inizialmente era prevista in maggio, in realtà come annunciato l’editore Eugenio Lio, è stata anticipata a sabato 27 febbraio. Eco aveva fatto in tempo ad ultimare le correzioni e a consegnare il libro con la copertina disegnata da Cerri. Andrà in stampa per la casa editrice La nave di Teseo di cui lo scrittore è stato uno dei fondatori.
Tra gli scritti che testimoniano la vastità dei suoi interessi in particolare segnaliamo: “Kant e l’ornitorinco” (1997); “Cinque scritti morali” (1997); “Tra menzogna e ironia” (1998); “Dire quasi la stessa cosa” (2003), sui problemi legati alla traduzione da una lingua all’altra. “A passo di gambero” (2006), che raccoglie articoli e interventi scritti tra il 2000 e il 2005 su argomenti di attualità; “Sator arepo eccetera” (2006); “Dall’albero al labirinto” (2007); “Non sperate di liberarvi dei libri” (2009), insieme con lo sceneggiatore J.C. Carriére; “Vertigine della lista” (2009); “Costruire il nemico e altri scritti occasionali” (2011); “Scritti sul pensiero medievale” (2012); “Storia delle terre e dei luoghi leggendari” (2013); “La filosofia e le sue storie. L’Antichità e il Medioevo” con Riccardo Fedriga (2014); “La filosofia e le sue storie. L’età moderna” ancora con il professor Fedriga (2015).
Molte opere di Eco furono dedicate alle teorie della narrazione e della letteratura: “Il superuomo di massa” (1976), “Lector in fabula” (1979), “Sei passeggiate nei boschi narrativi” (1994), “Sulla letteratura” (2002), “Dire quasi la stessa cosa” (2003, sulla traduzione).
Pur essendo un intellettuale di prim’ordine dall’erudizione sconfinata, Umberto Eco non si è mai arroccato in una posizione di retroguardia e conservatorista, ha invece indagato a fondo molti fenomeni di costume e di massa dandone una sua personale chiave di lettura, basti solo pensare ad Apocalittici e integrati o al saggio sulla Fenomenologa di Mike Bongiorno contenuto in “Diario minimo”. La sua può definirsi una cultura enciclopedica nel senso più pregnante del termine in quanto abbraccia molteplici campi del sapere, di cui scorge le radici comuni da cui originano. Insomma è stata una figura a tutto tondo del nostro panorama culturale, in questo senso può definirsi lo scrittore e l’intellettuale più rappresentativo dal secondo dopoguerra ad oggi. Di questi tempi la maggior parte degli studiosi si specializza in un solo campo e vi rimane confinata, Umberto Eco invece ha esteso la sua cultura su ogni ambito indagabile del sapere ,interessandosi ad argomenti generalmente negletti dalla critica ufficiale in quanto ritenuti erroneamente di poco conto, quali l’enigmistica, la menzogna, il linguaggio e i suoi giochi, il labirinto e fenomeni di costume e sociali.
Teoria della narrazione
Notevoli i suoi contributi nell’ambito della semiotica, in particolare con “Opera aperta” negli anni 60′ e con “I limiti dell’interpretazione” del 1991. Per il semiologo alessandrino il testo viene considerato come una macchina pigra che richiede uno sforzo cooperativo da parte dell’interprete, ma non fino al punto di far dire al testo ciò che non è scritto, perchè con la precomprensione attraverso l’interrogazione del testo l’interprete riesce a ricostruirne il senso comprendendolo nel suo stesso orizzonte storico-culturale. Il problema si pone allora nel tentativo di trovare un limite all’interpretazione, perchè un’interptretazione che vada al di là di quanto scritto dall’autore finisce per interpretare se stessa, per cui in tal modo si corre forse il rischio di passare da ciò che l’autore non sa a ciò che l’autore non dice. Inoltre considerare il testo come una macchina da costruire e decostruire ad libitum potrebbe implicare una sfiducia nel testo, che negli esiti più estremi, può condurre a risultati del tutto nichilisti. In sostanza nell’interpretazione, non la perdita ma l’acquisto di senso del testo è il suo destino, non a caso quanto piu il testo è lontano dall’autore tanto più può acquistare senso da questa distanza, in quanto l’ermeneutica è essenzialmente distanza: un testo incomincia a vivere, a procedere non nella direzione di un senso, ma in una pluralità di sensi non direzionata, solo dopo la morte dell’autore. Protagonista di questo processo interpretativo non può che essere il lettore che in un testo, in particolare se creativo, letterario, arriva a far interagire col mondo e le intenzioni dell’autore, il proprio mondo di riferimenti, le proprie associazioni, che possono quindi produrre un nuovo senso dando luogo a una lettura “inedita”. D’altronde così scrive lo stesso Eco: ”generare un testo significa attuare una strategia di cui fan parte le previsioni delle mosse altrui’.
Infine vogliamo ricordare Umberto Eco con questo aforisma che sottolinea quanto la sua scrittura fosse debitrice di una passione sconfinata per la lettura :“Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una sola vita, chi legge avrà vissuto 5000 anni. La lettura è un’immortalità all’indietro”.