Il fumo da sigaretta è in grado di produrre un segno nel nostro Dna anche per 30 anni. E’ quanto emerge da un studio americano che è stato pubblicato sulla rivista Cardiovascular Genetics. I ricercatori hanno preso in esame campioni di sangue mettendo a confronto il genoma di fumatori, ex fumatori e persone che non avevano mai fumato. Nello specifico hanno preso in esame particolari modificazioni epigenetiche del Dna: ovvero la metilazione del Dna, uno dei meccanismi che regolano l’espressione dei geni. Dall’analisi è emerso che la metilazione del Dna relativa al fumo di sigaretta coinvolgeva oltre 7000 geni. Dallo studio è emerso che negli ex fumatori dopo 5 anni la maggior parte delle modificazioni epigenetiche era scomparsa, tuttavia in alcuni casi persisteva anche dopo aver smesso. Insomma sebbene nella maggior parte dei casi dopo aver smesso di fumare l’organismo è in grado di mettere in atto meccanismi auto-riparativi capaci di far tornare i segni di metilazione ai livelli di chi non ha mai fumato, è anche vero che in alcuni casi questi segni invece persistono e quindi possono produrre danni per la salute a lungo termine. A proposito di queste modifiche epigenetiche così ha spiegato dottor Paolo Vezzoni, ricercatore del CNR e direttore del Laboratorio di Biotecnologie Mediche dell’ospedale Humanitas: “Sappiamo che ogni cellula esprime solo alcuni geni. Per farli esprimere o meno va incontro a delle modificazioni epigenetiche. In questo processo possono intervenire alcuni fattori ambientali che farebbero esprimere i geni in maniera diversa. Le modifiche indotte dal fumo potrebbero essere associate allo sviluppo di quelle patologie che hanno nel fumo un fattore di rischio”.
Ed ancora: “Dal momento che stimoli ambientali possono determinare delle modifiche epigenetiche, se uno stimolo dovesse cessare – ad esempio l’esposizione al fumo di sigaretta – probabilmente molti cambi epigenetici potrebbero essere reversibili”.