Il terremoto o altri disastri ambientali non producono nei sopravvissuti solo conseguenze a breve termine, ma anche nel medio lungo periodo per quanto riguarda la salute. D’altronde in occasione delle calamità naturali, l’organismo per essere pronto a reagire al pericolo, mette in moto tutta una serie di meccanismi di allerta che se però si protraggono nel tempo, finiscono per logorarlo e per aumentare il rischio di malattie cardiovascolari. A parlare di questi aspetti gli esperti Cardiologia, riuniti dal 27 al 31 agosto a Roma per il Congresso Europeo ESC. In particolare queste situazioni di forte stress emotivo possono aumentare il rischio di malattie cardiovascolari fino al 15%. Gli esperti sotolineano che il rischio non riguarda solo chi già soffre di una patologia cardiaca ma anche chi è sano: “Una situazione fortemente e intensamente stressante può colpire una persona senza patologie. Si chiama sindrome di tako-tsubo (cardiomiopatia da stress) che provoca una sorta di necrosi nella parte apicale del cuore, modificando la forma del ventricolo in una specie di cestello (tsubo) usato dai pescatori giapponesi per la pesca del polpo (tako). Ma i rischi aumentano anche nei mesi successivi all’evento drammatico, come e’ stato studiato anche nel caso dell’attentato delle Torri gemelle. L’elaborazione del lutto, lo stress che permane se non vengono risolte le condizioni sociali causate dall’evento sono condizioni negative per la salute cardiaca”. In particolare in caso di stress l’organismo attiva una sorta di sistema di allarme che consiste nell’immettere nel torrente sanguigno grandi quantità di adrenalina, noradrenalina e glucocorticoidi, inoltre vi è un aumento dela pressione e dei battiti cardiaci.
Vi è anche un maggiore afflusso di globuli bianchi nel sangue: se questo stato di allerta perdura allora il cuore produce un ispessimento delle parti del ventricolo sinistro. Tutte queste reazioni a catena aumentano quindi in maniera significativa il rischio di malattie cardiovascolari.