Napolitano dovrà rispondere su due argomenti: il primo relativo ai sospetti sollevati da Loris D’Ambrosio, ex consigliere del Capo dello Stato morto nel 2012, su una presunta trattativa Stato-mafia legata a vicende poco chiare verificatesi a cavallo degli anni ’80 e ’90. D’Ambrosio sicuramente parlava con cognizione di causa poiché fu anche stretto collaboratore di Giovanni Falcone. In una lettera del novembre scorso ad Alfredo Montalto, Presidente della Corte, Napolitano scrisse che non aveva elementi nuovi da aggiungere. Ciononostante il collegio ha ritenuto opportuno ascoltarlo.
Il secondo argomento di cui dovrà riferire Napolitano riconduce ad un attentato, poi fallito, organizzato dalla mafia contro di lui nel 1993, quando era Presidente della Camera. La trattativa Stato-mafia sarebbe stata intavolata da importanti esponenti delle istituzioni con boss mafiosi, per evitare il ricorso alla violenza come le stragi che uccisero Falcone e Borsellino. Mancino sarebbe stato tra quelli che avrebbe avviato la trattativa, mentendo poi agli inquirenti.
Nel 2011 inoltre lo stesso Mancino, preoccupato per l’inchiesta, telefonò più volte al Quirinale sia Napolitano che D’Ambrosio. Quelle telefonate furono intercettate, ma su espressa richiesta di Napolitano furono cancellate, poiché affermava che potessero ledere le sue prerogative costituzionali. Finché ci saranno questi coni d’ombra, la verità non verrà mai a galla ma le morti di Falcone e Borsellino, e tanti altri eroi che si sono immolati per la “patria”, vogliono giustizia affinché il loro sacrificio non sia stato vano.