Dalle analsi del sangue di 507 cittadini veneti esposti all’
inquinamento delle falde acquifere nel Vicentino, sono emerse concentrazioni “significativamente superiori” di
sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), usate per impermeabilizzare pentole e tessuti. A riportarlo è
IL Corriere del Veneto. Queste sostanze vengomo utilizzate per produrre oggetti di uso quotidiano, ad esempio prodotti per stampanti, pellicole fotografiche, superfici murarie, prodotti di microelettronica, rivestimenti per contenitori per il cibo. Tali sostanze possono produrre patolgie quali: colesterolo alto, ipertensione, alterazione dei livelli del glucosio, effetti sui reni, patologie della tiroide e nei soggetti più esposti anche il tumore del testicolo e del rene. Sono questi i risultati che emerogono dalle analisi condotte nei mesi scorsi dall’
Istituto Superiore di Sanità. Nello studio sono state coinvolte in tutto
250mila persone in tutto il Veneto. A risultare contaminate sono più di 60mila persone residenti della zona a maggior impatto. A riferirlo è l’assessore blucio Coletto. L’area che risulta maggiormente interessata dall’inquinamento è quella compresa nei comuni vicentini di Montecchio Maggiore, Lonigo, Brendola, Creazzo, Altavilla, Sovizzo, Sarego, mentre la zona di controllo, a impatto minore, interessa i comuni di Mozzecane, Dueville, Carmignano, Fontaniva, Loreggia, Resana e Treviso. L’inquinamento sarebbe derivato dallo sversamento quarantennale da parte di una azienda chimica locale, la Miteni di Trissino, che avrebbe inquinato le falde acquifere. Tuttavia l’azienda in un comunicato l’azienda precisa che “
la presenza di Pfas nella vasta area non può essere dovuta alla falda del proprio stabilimento. Un’area così vasta va necessariamente riferita al sistema di scarichi consortili a cui sono collegate centinaia di aziende del territorio“.
D’altronde l’area inquinata è pari a un territorio di più di 300 chilometri e riesce difficile da pensare che l’inquinamento delle falde acquifere sia attribuibile a una sola azienda.