La carne, in particolare quelle lavorate, finiscono nuovamente sul banco degli imputati, come già accaduto a qualche mese fa quando l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) anticipò i risultati di uno studio affermando che consumare spesso carni rosse o comunque lavorate aumenta il rischio di sviluppare il cancro. Ora stando a una ricerca svolta dall’Imperial College di Londra per conto World Cancer Research Fund (WCRF), vi sarebbe un nesso di causalità diretta tra il consumo di carne lavorata con il cancro allo stomaco. I ricercatori hanno preso in esame 89 studi precedenti che coinvolgono 17,5 milioni di adulti, tra cui 77mila con un tumore allo stomaco. In sostanza stando a questo rapporto, a correre il rischio di sviluppare il cancro allo stomaco sono quanti consumano più di tre bevande alcoliche al giorno e chi assume 50 grammi al giorno di carne lavorata, ad esempio la pancetta. Anche gli alimenti in salamoia aumenterebbero questo rischio. Ulteriore fattore predisponente a questa patologia tumorale è il sovrappeso o l’obesità. Un dato positivo almeno c’è: il consumo di frutta, specie degli agrumi, sarebbe in grado di prevenire queste patologie. Tuttavia gli allevatori europei sono sul piede di guerra. In particolare così si è espresso Martin Merrild, presidente dell’associazione degli agricoltori europei: “I benefici nutrizionali del consumo di carni bovine, vitello, agnello, pollame, coniglio, ovine e suine e di uova sono chiari perché forniscono ai consumatori un eccellente apporto di proteine nella propria dieta“.
Insommma il dibattitio rimane aperto, è auspicabile però che non venga viziato sul nascere da posizioni preconcette di tipo ideologico.
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