Nell’epoca della riproducibilità di ogni cosa e del mercato globale è facile imbattersi nei falsi. Il discorso si fa particolarmente delicato se questi falsi riguardiano gli alimenti. In questo senso il 20 aprile scorso gli agricolttori al Palabarbuto di Napoli hanno manifestato per chiedere maggiore tutela della dieta mediterranea. In quest’occasione la Coldiretti ha presentato i risultati di un’analisi condotta dall’agenzia europea per la sicurezza alimentare. L’analisi evidenzia un quadro sconfortante: alcuni alimenti importati da diverse parti del mondo presentano una concentrazione di sostanze contaminanti e tossiche oltre i limiti previsti dalla legge. Nello specifico sono questi gli alimenti inseriti nella lista nera da parte della Coldiretti, tra cui in prima posizione spiccano quelli cinesi. Broccoli cinesi: nella maggioranza dei campioni esaminati è stata trovata la presenza eccessiva di acetamiprid, chlorfenapyr, carbendazim, flusilazole e pyridaben. Prezzemolo vietnamita: in particolare sono emerse quantità troppo elevate di chlorpyrifos, profenofos, hexaconazole, phentoate, flubendiamide. Basilico indiano a causa di una sostanza chiamata carbendazim, vietata in Italia perché ritenuta cancerogena. Melagrane egiziane in quanto in un caso su tre (33%) superano i limiti di residui chimici stabiliti dalla legge. Fragole egiziane: l’11% dei campioni va oltre i limiti di residui chimici stabiliti dalla legge. Arance egiziane: il 5% dei campioni supera i limiti di residui chimici stabiliti dalla legge. Peperoncino della Thailandia: nel 21% dei casi è stata evidenziata la presenza di residui chimici irregolari. Piselli del Kenia: risultano contaminati in un caso su dieci (10%). Meloni e cocomeri della Repubblica Dominicana: risultano fuori norma nel 14% dei casi a causa dell’impiego di spinosad e cypermethrin. Menta del Marocco: sono state riscontrate irregolarità nel 15% dei campioni.In particolare la nota associazione degli agricoltori sottolinea che: ” L’agropirateria internaionale utilizza impropriamente parole, colori, località, immagini, denominazioni e ricette che si richiamano all’Italia per prodotti taroccati che non hanno nulla a che fare con la realtà nazionale. Una realtà che colpisce particolarmente i prodotti base della dieta mediterranea diffusa in tutti i continenti, dalla “Pomarola” del Brasile fino alla “Zottarella” venduta in Germania, dalla pasta tricolore del Sudafrica fino alla pizza “Sono bello quattro formaggi” venduta in Russia“. Ed ancora: “All’estero sono falsi due prodotti alimentari di tipo italiano su tre, con il mercato mondiale delle imitazioni di cibo Made in Italy che vale oltre 60 miliardi di euro» ha affermato il presidente Moncalvo nel denunciare che il «rischio reale è che si radichi nelle tavole internazionali un falso Made in Italy che toglie spazio di mercato a quello autentico e banalizza le specialità nostrane frutto di tecniche, tradizioni e territori unici e inimitabili“. Questo l’appello da parte del presidente della Coldiretti, Roberto Moncalvo, che lascia intendere come non sia più tempo di tergiversare: “Non c’è piu’ tempo da perdere e occorre rendere finalmente pubblici i flussi commerciali delle materie prime provenienti dall’estero per far conoscere anche ai consumatori i nomi delle aziende che usano ingredienti stranieri“.
Insomma riscoprire i sapori della dieta mediteranea sarebbe la migliore risposta alla globalizzazione, che pur con i suoi vantaggi, può anche produre questi effetti distorti. D’altronde la dieta mediteranea è stata oggetto di molti studi che ne hanno messo in evidenza tutte le proprietà benefiche per la nostra salute.
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