A un maestro di sci all’età di 29 anni è stata fatta una terribile diagnosi: i medici gli hanno comunicato che era affetto dal morbo di Parkinson. Grazie però a un intervento di stimolazione cerebrale profonda che è stato eseguito all’ospedale Molinette di Torino il giovane ha ripreso la sua attività tornando sulle piste di sci. In questi 20 anni sono stati 250 i pazienti che sono stati sottoposti a questa operazione, da ultimo una donna di 63 anni che presentava dei gravi problemi motori. Ma in cosa consiste la stimolazione cerebrale profonda? La stimolazione cerebrale profonda detta anche Deep Brain Stimulation (DBS) consiste nell’inserire un elettrodo in un punto definito del cervello. Tale elettrodo viene poi collegato a un generatore d’impulsi (pacemaker) inserito sottocute nella regione toracica o addominale. L’intervento consente di ottenere un netto miglioramento della salute del paziente. Tuttavia non è in grado di frenare la progressione della malattia.
In ogni caso questa operazione è indicata soltanto per il 5-10% di tutti i malati di Parkinson in quanto vi sono molti elementi che rientrano nella valutazione, quali il quadro sintomatico, l’età, il decorso della patologia e l’ambiente di vita del paziente.
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