Stando a una statistica della Cgia sulla base dei dati dell’Inps nel triennio 2012-2014 si è assistito a una vera e propria escalation di malattia per i dipendenti nel settore pubblico. Stando ai dati ciò è avvenuto soprattutto al Sud. in particolare sempre stando a quanto riferito dalla Cgia, l’aumento degli eventi di malattia è stato del 15,1 per cento, in Molise del 14 per cento, in Abruzzo del 12,9 per cento, nel Lazio del 12,4 per cento, in Sardegna dell’11,6 per cento e in Basilicata del 11,4 per cento. In particolare la Cgia su dati Inps ha rilevato che i dipendenti pubbblici sono più cagionevoli di salute di queli privati: nel 2014 un dipendente pubblico su 2 (precisamente il 55% del totale) è rimasto a casa per malattia. Nel privato, invece, le assenze hanno riguardato un lavoratore su 3 (35% del totale). La Cgia però sottolinea anche che a differenza del settore privato, dove a parte la Puglia, si è assistito a una diminuzione delle assenze, nel settore pubblico le assenze per malattia hanno riguardato tutte le realtà geografiche del paese. La Cgia tuttavia precisa che bisogna tener conto del fatto che non tutti i lavoratori dipendenti del settore privato sono assicurati per la malattia. Tra le principali categorie di lavoratori assicurati ci sono gli operai del settore industria, gli operai e gli impiegati dei settori terziario e servizi, i lavoratori dell’agricoltura, gli apprendisti, i lavoratori iscritti alla gestione separata (all’art. 2 comma 26. Legge 335/95). Mentre le principali categorie di lavoratori non assicurati per la malattia si annoverano i collaboratori familiari (colf e badanti), gli impiegati e i quadri dell’industria e i dirigenti. Inoltre in queste In queste statistiche non sono riportate le assenze riferite alla gravidanza, alle disposizioni previste dalla legge n 104/1992 (assistenza disabili) e alla donazione del sangue.
Insomma non si può concludere semplicisticamente che nel settore dell’impiego pubblico si tenda a lavorare meno rispetto a quello autonomo e privato anche se dalla valutazione di questi dati statistici come dichiara il coordinatore dell’Ufficio studi Paolo Zabeo:”non abbiamo alcun elemento per affermare che dietro questi numeri si nascondano forme più o meno velate di assenteismo. Tuttavia il sospetto c’è“.
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