Nel corso di un interrogatorio che si è tenuto al tribunale di Torre Annunziata (Napoli) nell’ambito del processo a Raffaele Piccolo, l’agente di polizia postale accusato di stalkerare personaggi di spicco della provincia di Napoli, hanno destato molto scalpore le dichiarazioni di Fabio Quagliarella. Attualmente l’attaccante è in forza al Torino ma in passato ha giocato anche nel Napoli per una stagione. In particolare nel corso dell’interrogatorio durato un’ora e mezza ha dichiarato: “Sono convinto che la mia cessione alla Juventus sia dovuta a quelle accuse assurde di essere camorrista e pedofilo contenute in una serie di lettere anonime giunte in qualche modo anche al presidente Aurelio De Laurentiis“. Inoltre ha precisato: “Ho consosciuto Piccolo nel 2006. Si diceva capace di risolvermi i problemi al telefonino e al mio contatto di Messenger, la cui password era finita in mani sbagliate. In cambio mi chiedeva autografi, foto e magliette. Richieste diventate sempre più pressanti: gli avrò dato almeno venti magliette. Quindi sono iniziate le lettere nelle quali venivo accusato di essere camorrista, di partecipare a orge e di essere pedofilo. Minacce giunte anche a mio padre e alla mia fidanzata dell’epoca“. Emblematico in particolare l’episodio quando, racconta l’attaccante, che a casa del padre arrivò: “una fotocopia con una bara e la mia foto sopra“. Riguardo poi alla cessione alla Juve che ha indispettito non poco i tifosi napoletani che lo subissano di fischi ogni qualvolta l’attaccante di Castellammare di Stabia mette piede al San Paolo, ha precisato: “All’inizio della mia avventura al Napoli il presidente De Laurentiis mi chiamava ogni giorno, poi improvvisamente non solo ha smesso di contattarmi, ma è arrivato a chiedere che mi trasferissi al centro sportivo di Castel Volturno.
Una richiesta strana, visto anche che due miei compagni, Iezzo e Vitale, vivevano nella mia città natale, Castellamare di Stabia. Quindi il trasferimento alla Juve, una cosa di cui non si era mai parlato prima“.
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