E’ stata denominata ASASSN-15lh, la supernova più luminosa mai vista. E’ stata chiamata così sulla base dell’acronimo del programma che l’ha scoperta (ASAS-SN (All-Sky Automated Survey for SuperNovae system). Ad individuarla è stata l’All Sky Automated Survey for SuperNovae (ASAS-SN), una collaborazione internazionale con quartier generale alla Ohio State University. IL team di astronomi è stato guidato da Subo Dong, del Kavli Institute for Astrophysics di Pechino in Cina. Vi hanno partecipato anche due italiani: Filomena Bufano, dell’INAF-Osservatorio Astrofisico di Catania e Gianluca Masi, responsabile scientifico del Virtual Telescope Project di Ceccano (Frosinone). La scoperta è stata resa possibile gerazie all’impiego di telescopì potentissimi del diametro di 14 centimetri che hanno scandagliato il cielo alla ricerca delle supernovae brillanti, in particolare è stato utilizzato anche Hubble, il celebre telescopio spaziale. Questo corpo celeste è esploso con una potenza 200 volte superiore rispetto a quella di una tipica supernova. Inoltre ASASSN-15lh si trova a 3,8 miliardi di anni luce dalla Terra, nella costellazione dell’Indiano, visibile solo dall’emisfero australe. Finora ne erano state osservate soltanto poche decine. La Supernova assassina costituisce un autentico mistero anche per gli studiosi. E’ stato lo stesso Dong ad ammetterlo: “I meccanismi dell’esplosione restano avvolti nel mistero, considerate l’immensa quantità di energia che essa ha riversato nello spazio“. Ad esempio gli studiosi non sono ancora riusciti a comprendere come sia possibile che la galassia che l’ha ospitata abbia una massa superiore rispetto alle gallassie nelle quali sono esplose altre supernovae. In tal senso così si è espressso Masi: “Non possiamo escludere che la supernova da record non sia esplosa in quella galassia, ma che sia un fatto prospettico”. Riguardo all’mportanza di questa scoperta così ha sottolineato Filomena Bufano: “L’importanza di questa classe di supernovae estreme sta nella possibilità di osservarle anche a grandissime distanze, grazie alla loro estrema luminosità”. Ed ancora: “La comprensione dell’origine fisica di questo tipo di oggetti è fondamentale dunque non solo perché potremo utilizzarli come indicatori di distanza ma anche perché attraverso essi saremo così testimoni dell’evoluzione delle stelle formatesi nelle prime fasi dell’Universo: Questo soprattutto grazie anche alle grandi potenzialità dei futuri telescopi come lo European Extremely Large Telescope (E-ELT) e il James Webb Space Telescope”.
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