In un campo di rifugiati somali in Kenya si è diffusa un’epidemia di colera. Stando a quanto riferito da Osman Yussuf Ahmed, dell’agenzia Onu per i rifugiati, la malattia si è diffusa a causa della promiscuità e delle scarse condizioni igieniche e nel novembre scorso. Ahmed ha spiegato che dal punto di vista dell’igiene l’Onu si è prodigato al massimo cospargendo cloro nel campo e distribuendo sapone ai rifugiati. IL bilancio è di almeno 10 morti e di un migliaio di ammalati. Il batterio del colera ha una incubazione che va da 5 a 10 giorni quando l’infezione si manifesta, si presenta con sintomi quali febbre, dissenteria e disidratazione e in assenza di un trattamento rapido e efficace il paziente muore. In particolare nel campo di Dadaab, il più grande campo profughi del mondo, vi sono circa 350mila rifugiati e circa un migliaio di ammalati ma non è da escludersi che l’epidemia possa avanzare ulteriormente. La situazione è già drammatica e quindi bisogna agire in tempi brevi per contrastare la progressione dell’infezione. E’ dal 90′ in poi che migliaia di somali si riversano nel campo di Dadaab. Tuttavia vi si annidano anche i terroristi di Al Shabaab che nelì’aprile scorso hanno assaltato l’univiversità di Garissa. Il governo del Kenya aveva quindi deciso di smantellare le tendopoli ma poi la decisione è stata sospesa.
Ad aggravare ulteriormente la situazione, come detto, ci si è messa di mezzo anche questa epidemia. Insomma causa terroristi, colera e la decisione sospesa del governo del Kenya, i profughi somali vivono in maniera ancora più drammatica la loro già precaria condizione di rifugiati.
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