Una ricerca ha rivelato come dalle nostre abitudini di spostamento è possibile trarre informazioni utili su alcune caratteristiche relative ai notsri comportamenti personali. Lo studio che si avvale dei Big Data è stato condotto dal Kdd Lab di Università di Pisa, l’Istituto di scienza e tecnologie dell’informazione del Consiglio nazionale delle ricerche di Pisa (Isti-Cnr) e il centro di ricerca sulle reti complesse Barabasi Lab di Budapest e Boston. In pratica i ricercatori attraverso le tracce Gps di viaggi automobilistici e dati provenienti da dispositivi mobili relative agli spostamenti quotidiani di centinaia di migliaia di persone, nell’analizzare questi dati ahnno scoperto che fondamentalmente è possibile dividere le persone in due grandi gruppi: gli “esploratori” e gli “abitudinari”. Usando un termine caro agli antropologi potremmo anche definire gli abitudinari come agricoltori e gli esploratori come i cacciatori. La differenza fondamentale è che gli spostamenti degli abitudinari sono di tipo routinario essenso limitati a poche locazioni come casa e posto di lavoro/studio. Gli esploratori invece si contraddistinguono per una mobilità a stella, ovvero un nucleo centrale (casa e posto di lavoro) intorno al quale orbitano altre locazioni, spesso molto distanti. I ricercatori hanno evidenziato anche altre differnze tra i due gruppi: “I due profili rivelano anche un certo grado di ‘omofilia sociale’: osservando la rete telefonica, gli esploratori tendono a comunicare più spesso con altri esploratori piuttosto che con gli abitudinari“. Ma ciò che viene maggiormente in rilievo per gli studiosi è l’importanza dei Big Data, un ottimo strumento che ci aiuta nella comprensione dei comportamenti umani: “La ricerca dimostra come i Big Data offrano uno strumento potente per la comprensione del comportamento umano, un passo importante verso la realizzazione di simulazioni realistiche in contesti fondamentali come il consumo energetico, l’inquinamento e la pianificazione urbana”.
Inoltre: “È importante perché, se abbiamo a disposizione modelli affidabili, siamo in grado di prevedere le conseguenze delle nostre scelte, sia individuali sia collettive, come creare una nuova infrastruttura“. La ricerca è stata pubblicata su Nature Communications.
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