Greenpeace ha prodotto un dossier choc che ha messo in evidenzia come l’inquinamento riguarda anche le zone più isolate e meno antropizzate della Terra. I volontari hanno trovato sostanze chimiche pericolose che derivano dalla produzione di abbigliamento outdoor. Si tratta in particolare dei perfluorocarburi (Pfc), composti chimici impiegati in diversi processi industriali. Queste sostanze chimiche vengono utilizzate nell’abbigliamento per rendere i nostri vestiti più impermeabili ma si tratta di elementi che una volta immessi nell’ambiente impiegano diverso tempo per essere smaltiti dalla natura. In particolare tra i danni alla salute che possono portare queste sostanze chimiche, annoveriamo tumori, problemi al sistema riproduttivo e ormonale e vengono ritenuti anche sospetti agenti mutageni. Tra maggio e giugno Greenpeace ha compiuto 8 spedizioni per prelevare campioni di acqua e neve in altrettante aree montane e remote in tre diversi continenti. Le maggiori concentrazioni di queste sostanze tossiche per la salute sono state rilevate proprio durante la spedizione italiana, sui Monti Sibillini, nel lago Pilato situato fra l’Umbria e le Marche. Questo è quanto dichiarato da Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna contro l’inquinamento di Greenpeace Italia: “Abbiamo trovato tracce di Pfc nei campioni di neve raccolti in tutte le località indagate. Dei 17 composti riscontrati in tutti i campioni di neve analizzati, ben 4 hanno mostrato le concentrazioni maggiori nei campioni del lago di Pilato, tra cui il perfluorottano sulfonato già soggetto a restrizioni nell’ambito della Convenzione di Stoccolma“.
Inoltre ha aggiunto: “Il settore dell’abbigliamento outdoor li usa nelle finiture impermeabilizzanti e antimacchia. Una volta rilasciati nell’ambiente si degradano molto lentamente, restando nella forma originaria per diversi anni e disperdendosi su tutto il globo“.