Un detenuto di Oristano, affetto da depressione, ha chiesto di poter vedere il suo cane a cui è particolarmente legato. Tuttavia, nonostante il parere positivo della psicologa del penitenziario, all’uomo è stata vietata la cosiddetta pet therapy, una pratica molto usata soprattutto in medicina per aiutare i malati ad affrontare e superare meglio determinate patologie. Il diniego è stato imposto da Pierluigi Farci, Direttore del penitenziario, che ne ha anche spiegato i motivi: “Non può prendersi un provvedimento che poi, a condizioni analoghe, non venga applicato anche agli altri detenuti”. In altre parole si creerebbe un precedente a cui potrebbero appellarsi anche gli altri detenuti, per questo il Direttore non ha ritenuto opportuno di permettere al detenuto di vedere il suo cane. L’uomo per perorare la sua causa si è affidato anche all’associazione Socialismo Diritti e Riforme, che si è battuta per la richiesta del detenuto pubblicizzando il suo caso, ma è stato tutto vano. Ed intanto infuria la polemica, anche perché in altre carceri italiane è stato permesso l’incontro tra i detenuti ed i rispettivi animali.
Il caso resta molto delicato, ma forse permettere ad un uomo che ha sbagliato e che sta pagando per l’errore commesso di vedere il suo amato animale, non è un problema da derubricare come scartoffia burocratica da mettere su una pila di carte, ma un atto di clemenza e di buonsenso.
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