La mostra racconta l’evoluzione dell’arte scultorea nella Grecia dal IV al I secolo a.C. In quell’epoca il bronzo risultò un materiale molto resistente, che ben si prestava al lavoro degli artigiani greci che sapevano conferire un forte pathos che rispecchiava i sentimenti, le paure e le gioie delle statue raffigurate.
In questa fase storia il cosiddetto “naturalismo ellenico” si allontanava sempre di più dai canoni del classicismo greco, e ben presto si sviluppò anche in Occidente. I maestri ricercavano quei tratti perfetti per cogliere nel volto delle statue i loro pensieri e stati d’animo. Era un’arte che prendeva come modelli personaggi di ogni status sociale: guerrieri, atleti, personaggi storici, dormienti, cittadini impegnati in normali attività.
Perfino gli dei vennero smitizzati, le loro statue erano molto più umane e drammatiche, con i tipici difetti e le sembianze degli uomini. Tutto ciò era possibile grazie alle diverse lavorazioni del bronzo, che consentivano ai maestri di tratteggiare con estrema precisione i particolari del corpo, del volto e delle vesti.