Il braccio di ferro con Unione Europea, Germania e Bce ha prodotto vantaggi marginali, più formali che sostanziali. La richiesta di estensione del prestito in scadenza il 28 febbraio, indispensabile nei delicati equilibri di bilancio ellenici, segna l’accettazione “de facto” delle politiche della Troika. I proclami, le promesse elettorali, nei prossimi mesi rischiano di ritorcersi contro Alexis Tsipras e la sua coalizione di governo. Alla prova del nove, eccessive sono apparse le aspettative e le valutazioni di fondo.
Errata la strategia: andare “al muro contro muro” con Bruxelles ha denotato indubbio coraggio ma anche una superficiale comprensione dei sofisticati equilibri europei.
Non è giunto soccorso politico da Matteo Renzi, men che mai da Francia e Spagna. Il nostro paese, nell’ordine di quasi 20 miliardi, è dopo la Germania il maggior creditore nei confronti di Atene.
Basti leggere le intempestive dichiarazioni di Varoufakis sulla situazione italiana (l’unico paese che poteva seppur timidamente mediare a favore) che hanno scatenato la malcelata irritazione del ministro Padoan. Eccessiva fretta, troppe promesse, poca diplomazia: i margini reali di contrattazione si scontravano con i nudi e crudi numeri della situazione macro-economica ellenica. Nemmeno Francia, Italia e Spagna, in questo momento, hanno la forza reale per poter imporre a Bruxelles e alla Bce un così radicale mutamento di orizzonti e prospettive.