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Accadde oggi: Shoah, la giornata della Memoria per non dimenticare

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Reato negazionismo
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Shoah Giornata della Memoria

Il 27 gennaio del 1945 si aprono i cancelli di stermino di Auschwitz. Davanti agli occhi increduli dei soldati russi si è così squadernato letteralmente l’orrore. Auschwitz, Dachau, Bergen Belsen, Mauthausen, Sobibor, questi i luoghi dell’inferno in terra, ma furono molti altri i campi di concentramento dei nazisti disseminati in Europa.

Ci si è sempre chiesti come è stato possibile Auschwitz? Dopo Auschwitz se possiamo continuare a dubitare dell’esistenza del paradiso, non possiamo disconoscere che l’inferno è qui, sulla terra. C’è chi ha relegato quanto accaduto durante gli anni della Germania nazista e del Terzo Reich nella categoria della irrazionalità e della inspiegabilità, o chi ne ha genericamente ascritto la ragione alla naturale malvagità del genere umano, ma in realtà lo sterminio sistematico degli ebrei, contrariamente ad altri eccidi o massacri che si sono ripetuti ciclicamente nella storia, per le modalità con cui è stato realizzato, risponde a qualcosa di unico nel suo genere e soprattutto quanto avvenuto non preserva affatto dalla sua non ripetibilità. La programmazione e la realizzazione dello stermino sembrano essere il prodotto di un risultato, che poste le premesse aberranti della superiorità della razza ariana sulle altre, e in particolare su quella ebrea, si è poi come innescato da sè e avvitato in una sorta di automatismo e circolo vizioso con tutte le conseguenze drammatiche che conosciamo. La persecuzione degli ebrei ha minato in primo luogo alcuni aspetti della cultura euopea relativa alla convivenza e al rispetto tra le diverse culture. A seguito della persecuzione nazista, che ha cambiato per sempre il volto dall’Europa, è stata spazzata via circa un terzo della popolazione ebraica che viveva nel mondo.
Fra il 1939 e il 1945 circa 6 milioni di Ebrei vennero sistematicamente uccisi dai nazisti del Terzo Reich
ad Auschwitz.
Milioni di uomini, donne e bambini perseguitati con le leggi razziali e poi strappati alla loro vita e portati nei lager da dove in pochi sono tornati, colpevoli solo di essere ebrei, questo il marchio d’infamia.

PER NON DIMENTICARE

Cinquantacinque anni dopo, con la legge 211 del 20 luglio 2000 il Parlamento italiano ha aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata in commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo (nazismo) e del fascismo, dell’Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati.
In particolare l’articolo 1 della legge stabilisce che venga ricordato la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte nonché colore che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio e, a rischio della propria vita, hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. Il termine Shoah è una voce biblica che significa disastro, catastrofe: essa indica un’azione criminale che, attraverso un complesso e preordinato insieme di azioni, è finalizzata alla distruzione di un gruppo etnico.

Auschwitz e non più Auschwitz

Lo svolgimento dei processi è iniziato nel corso degli anni 60′, a Francoforte sul Meno, la cui instruttoria riguardava le atrocità commesse a Auschwitz, seguono altri a Treblinka (1964-65), a Belzec (1965) Sobibor (1965-66), un secondo processo a Treblinka (1970). Una volta che le atrocità commesse dai nazisti nei campi di concentramento sono state rese note al mondo intero, si è posto il problema della memoria: come impedire che un tragedia come quella di Auschwitz possa nuovamente ripetersi? I Processi non avevano solo un carattere risarcitorio nei confronti delle vittime ma rispondevano anche all’esigenza di ricostruire quanto accaduto. L’istruzione dei processi in effetti con l’accumulazione del materiale documentario ha permesso di ricostruire fin nei minimi dettagli questa scienza tedesca intesa al male, persuasa allo sterminio, che si è materializzata e trasfigurata in Hitler, imbianchino e artista fallito, quasi una sorta di faust goethiano permeato dalla volontà di potenza di matrice nietzchiana.

IL PROBLEMA DELLA MEMORIA

Il problema della memoria si pone perché ricordare a scopo celebrativo e rituale, quindi in maniera puramente passiva, quanto accaduto il 27 gennaio di tanti anni fa, non è di alcuna utilità, è necessaria invece la presenza di una memoria attiva, consapevole, critica, vigile che ci doti degli anticorpi necessari perché quanto successo non possa più ripetersi. Considerando le molte spinte xenofobe delle attuali generazioni, e gli episodi di cronaca che ci riportano casi di razzismo quotidiano, non è mai vano il richiamo al rispetto dell’altro, a far sì che la sua alterità in quanto tale, sia apertura al dialogo e al confronto e non la pretesa di ridurla a se, di valicare questa distanza fondamentale, negandola. Perchè il passato non ritorni, non dobbiamo rigettarlo e respingerlo acriticamente da noi, ma la distanza che ce ne separa, ci deve fornire gli strumenti critici per comprenderlo. Un passato incompreso, i cui fantasmi aleggiano ancora non abbastanza esorcizzati dall’esercizio della ragione (come nel quadro di Goya è solo il sonno della ragione a generare mostri) rischia di riattualizzarsi, di ritornare drammaticamente presente. La diversità, l’alterità dell’altro deve essere vissuta come un valore, la sua irriducibilità a noi stessi dovrebbe essere rispettata in quanto tale. L’altro come noi è parte di un mistero. Se mettere in pratica, preda nei nostri egoismi personali, il precetto evangelico, di amare il prossimo come noi stessi, è impossible, possiamo almeno sforzarci di considerare l’altro, non come il nemico, lo straniero, ma per l’appunto come prossimo, cioè come colui che ci è vicino e con cui quindi possiamo fare un cammino di strada insieme nella nostra vita. L’altro come hospes e non come hostis in sostanza. Quanto accaduto nei campi di sterminio nazisti chiama in causa la nostra coscienza e la nostra risposta individuale perché atrocità del genere non accadano più. Come scriveva Primo Levi conoscere è necessario, testimoniare è un dovere. Questo il suo monito in Se questo è un uomo:

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d’inverno.

Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.

O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.

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